07 luglio 2018 – Corriere del Trentino

Ateneo autoreferenziale: lavoratori nel cda

Si prova timore, e una certa soggezione, a intervenire commentando l’inchiesta giudiziaria, peraltro in pieno svolgimento e sviluppo, abbattutasi sull’Università di Trento. Una vicenda che avrà comunque un suo corso e rispetto al merito della quale non si può fare altro che attendere gli esiti della magistratura. Certo, non possiamo non esprimere anche delusione e imbarazzo nel vedere andare in crisi e subire una perdita di credibilità importante, dopo il mondo della cooperazione provinciale e del credito locale, anche l’ateneo, uno dei fiori all’occhiello della nostra autonomia e, come hanno affermato diversi osservatori, uno dei motori più efficaci e propulsivi dello sviluppo del Trentino e della sua possibile «sprovincializzazione». È su questo aspetto, più politico, che intendiamo brevemente soffermarci per aggiungere un ulteriore elemento alle analisi e agli approfondimenti che pochi commentatori finora si sono azzardati a fare. L’elemento su cui la Uil vuole puntare l’attenzione è l’evidente «autoreferenzialità» del mondo accademico trentino: una certa supponenza nel porsi nei confronti della società civile, accompagnata da un coinvolgimento e una forte reciproca accondiscendenza con la politica trentina. Una «sindrome da primi della classe» che ha probabilmente comportato il venir meno del rispetto delle regole generali dell’amministrazione e della gestione dell’università trentina.
Le risorse bene o male c’erano e ci sono, si trattava e si tratta solo di saltare tutta una serie di lacci e lacciuoli (burocratici e amministrativi), che l’ambiente universitario trentino, prendendo a modello quello della California (su consiglio del sempiterno professor Cipolletta), poteva benissimo evitare e superare, anche proprio in virtù di quell’autonomia che la politica aveva «comprato» dallo Stato. Un’autonomia che, non si può negare, ha peraltro portato il nostro ateneo, meritatamente, in cima alle graduatorie italiane ed europee.
Nei giorni scorsi i sindacati confederali di Cgil,Cisl e Uil dell’ateneo hanno scritto al Magnifico rettore chiedendo l’inserimento dei rappresentanti dei lavoratori e di quelli dei ricercatori negli organi di governo, al pari di quanto accade in tutti gli altri istituti universitari statali. Ciò a Trento non è più previsto dallo statuto e dal regolamento generale in vigore dal 2012, anno dell’assunzione del nuovo ruolo giuridico e di governo della Provincia all’interno dell’ateneo trentino.</p><p>La consulta del personale, dove sono relegate le rappresentanze del personale tecnico e amministrativo, è andata a perdere sempre più importanza, marcando una tale lontananza dalle stanze del potere tanto da non essere stata nemmeno rinnovata. Probabilmente anche il malessere del personale e lo scollamento tra componente accademica e amministrativa — anzi l’esclusione di un simile soggetto dalla governance — ha trovato una concausa nel clima che ha portato alla segnalazione, fuori dal mondo accademico, di metodi e informazioni su comportamenti unilaterali, a rischio di illegittimità e appunto autoreferenziali nella gestione spicciola dell’ateneo. Necessario, quindi, in vista della formazione e nomina del nuovo consiglio di amministrazione e della revisione dello statuto e del regolamento generale, proprio a bufera giudiziaria in corso e, fra l’altro, con la ventilata ipotesi di passaggio anche del personale tecnico e amministrativo dell’università nei ruoli della Provincia di Trento, venga tempestivamente disposto il reintegro delle rappresentanze dei lavoratori, come quello degli studenti, negli organismi di governo dell’ateneo.
Questa la richiesta fatta a gran voce (anche se forse unica ad alzarsi nel deserto), della Uil del Trentino. Una posizione legittima, forse anche utile a cercare di eliminare quell’opacità che l’autoreferenzialità del mondo accademico e della politica autonomistica trentina hanno creato e di cui probabilmente ora l’Università di Trento paga pegno.

Scarica il pdf: università ART 070718