07 settembre 2018 – Trentino

ALOTTI: I PARTITI E L’ASSENZA DI PROGRAMMI

M ancano poche settimane dalle elezioni provinciali e le elettrici e gli elettori della nostra provincia “autonoma” non hanno ancora avuto l’opportunità di vedere, leggere o sentire quali siano i programmi specifici, le idee, le proposte, che i partiti o i movimenti intendono presentare al vaglio dei cittadini per chiederne la condivisione e quindi ottenere la rappresentanza nel prossimo consiglio provinciale per portarli avanti. Certo alcuni slogan supportati da altrettanti argomenti, utilizzati a livello nazionale e che hanno fatto breccia anche nell’opinione pubblica trentina (immigrazione, riduzione imposte, …) mettendo a soqquadro la situazione politica e partitica locale già il 4 marzo, si sono imposti, ma sarà difficile declinarli, alle nostre latitudini e nel nostro territorio, istituzionalmente diverso da gran parte di quello nazionale.
Stendiamo un pietoso velo poi su questa fase caotica e di distacco evidente delle forze politiche dalla realtà e dai problemi concreti dei trentini. La ricerca di qualche voto in più, del leader e del rassemblament capace di vincere le elezioni e quindi prendere o riprendere il potere, sembra aver reso tutti incuranti dell’instabilità e della precarietà in cui la politica partitica sta portando il Trentino: un’isola, ad oggi, magari non felice, ma certamente territorio che è riuscito a non affondare nella lunga crisi economica, finanziaria, politica e sociale dell’ultimo decennio.
Un ruolo importante che spetta al Sindacato, funzione che la UIL in particolare vuoi svolgere con efficacia, è quello di essere “guardiano della realtà, a tutela dei diritti delle persone”, necessariamente nell’autonomia dalla politica partitica. Per questa via non si può rimanere in un colpevole e assordante silenzio, magari partecipando al teatrino delle candidature e delle coalizioni, senza alzare la voce: la UIL pretende ci si concentri, appunto, sulle cose nuove da fare e da proporre, su quanto e dove sia
imprescindibile cambiare, ma anche sulle direttive e sulle azioni da non abbandonare, perché positive e per le quali il sindacato ha contribuito alla loro realizzazione e può continuare a lavorare per il loro sviluppo, la loro evoluzione. Pensiamo in particolare a quanto fatto sul terreno delle politiche (attive e passive) del lavoro e di coesione sociale: di accoglienza ed inclusione; di lotta alla povertà, di conciliazione lavoro – famiglia e di incentivazione del lavoro femminile; per lo sviluppo di welfare territoriale, ivi compreso lo sforzo sulla previdenza e sanità integrativa, oltreché sul Fondo Solidarietà.
Come è altresì doveroso riconoscere l’azione positiva dell’Agenzia del Lavoro, per quanto riguarda l’avviamento di politiche del lavoro attive e passive del lavoro e la proposizione di nuovi ammortizzatori sociali. È infatti innegabile che talune iniziative economiche, del lavoro e sociali della nostra Provincia siano sicuramente più avanzate rispetto a quelle nazionali (anche in virtù di differenti e significative disponibilità economiche) e che le relazioni con il sindacato siano state caratterizzate dall’esistenza di un dialogo sociale spesso fruttuoso, che noi riteniamo importante e che è necessario non si perda anche in futuro. Sarà nostro compito, e la UIL si è sempre sindacalmente caratterizzata come sindacato distinto e distante dai singoli partiti, mantenere una propria autonomia e una diversità di ruolo, sia rispetto alle posizioni delle forze politiche, sia rispetto alle proposte che verranno avanzate dalle diverse possibili Giunte provinciali, con cui sempre e comunque ci dovremo confrontare. E ci si confronterà.
La UIL in particolare ritiene
inoltre necessario che il governo locale che verrà, intervenga prontamente correggendo la riforma scolastica Rossi “in salsa renziana”: la Funzione della Scuola Pubblica deve essere tutelata. Spesso alcune iniziative non si sono dimostrate all’altezza della nostra autonomia.
Si rimetta al centro dell’azione politica la Ricerca e l’Università, oltre che i diritti civili e, quindi, la Cultura. Un Paese deve essere in salute culturale, per poter raggiungere una salute economica. In generale è urgente si torni, sia sul piano legislativo che amministrativo a ridisegnare un assetto diverso: si pongano standard di qualità ed efficienza effettivamente reali rispetto alla sanità ed al suo servizio pubblico.
Si cancelli prontamente la Legge Dalmaso per l’edilizia sociale pubblica, non più adeguata al cambio epocale subìto anche dalla società trentina. E’ necessario venire incontro e poter soddisfare le nuove necessità dell’“abitare”, tenuto conto delle mutate condizioni di lavoro e familiari dei lavoratori: hanno sì bisogno di un’abitazione, ma in affitto, non in proprietà. E’ giunta ora si rimetta in circolo il rilevante patrimonio privato abitativo “sfitto”.
Si faccia inoltre chiarezza una volta per tutte sul sistema creditizio territoriale, che ha in qualche modo fronteggiato la crisi nel momento di maggior difficoltà, ma al quale bisogna allo stesso tempo trovare un ruolo compatibile, sia con il mutato quadro europeo monetario e finanziario, che con la sua importante natura cooperativistica e con la necessità di supportare l’economia locale, ancora caratterizzata da tante, troppe piccole imprese familiari e di montagna.
Infine, ma non per ultime, ci si concentri sulle politiche fiscali e su di un nuovo rapporto con l’ambiente, sia rispetto ad un turismo meno impattante, sia in relazione ad una diversa progettazione, razionalizzazione e realizzazione delle infrastrutture ad esso legate. E, quindi, necessaria una diversa e più “comune” gestione della risorsa “energia”, attraverso una rivisitazione e riorganizzazione di tutte le società partecipate.
Si spera, in buona sostanza, che, una volta definiti schieramenti e liste di candidati, si cominci a parlare della realtà e dei problemi; delle situazioni, delle aspettative e dei progetti dei cittadini, giovani ed anziani. Attenzione: “l’addio alle urne”, prodromo di un ulteriore dannosissimo distacco fra la società civile e le istituzioni, è dietro l’angolo. Vi sono già evidentissime avvisaglie. Non ci si lamenti, poi, di un possibile ridimensionamento, culturale, sociale e politico, della nostra autonomia.
Un’ultima considerazione la vogliamo avanzare sui candidati che saranno proposti dalle liste in campo. Sta passando a livello nazionale, e non vorremmo che succeda anche in Trentino, che pur di “cambiare” si possa escludere dai requisiti dei candidati una acclarata competenza, sia essa tecnica, amministrativa, scientifica, politica, economica. Il nostro territorio non può fare a meno, anche per la sua complessità geografica ed istituzionale, di capacità e di competenza.
Si cerchino e si scelgano bene le persone. Noi non vogliamo né professionisti della politica, né apprendisti stregoni: il rischio di un salto nel vuoto, dal 22 ottobre, non ce lo possiamo permettere.
Walter Alotti
Segretario Generale UIL del Trentino

Scarica il pdf: Alotti ART 070918