01 maggio 2019 – Corriere del Trentino

Edilizia pubblica. I sindacati incalzano Piazza Dante. Alotti: servono 2.000 appartamenti

«Costruire alloggi pubblici e affittarli è una priorità». È un appello all’unisono quello che Uil, Cgil e Cisl lanciano alla giunta Fugatti in materia di edilizia pubblica.
A mettere sul tappeto tutte le partite aperte ci pensa Walter Alotti (Uil): «Stiamo aspettando da mesi un incontro con l’assessora competente, Stefania Segnana. Il primo problema da discutere è quello della ripubblicizzazione della società, (trasformata in spa nel 2005, ndr): non discuto sul merito ma sul metodo di questa ipotesi, che rischia di avere ripercussioni sul personale, cui dovrebbe essere cambiato il contratto e sul patrimonio edilizio che dovrebbe passare a Patrimonio del Trentino».
Il tema più scottante è quello del fabbisogno di case: «Il piano Dalmaso, quello che prevedeva la realizzazione di 9.000 alloggi di cui 3.000 a canone sociale, 3.000 a canone moderato e 3.000 di risulta (ossia appartamenti lasciati dagli inquilini per varie ragioni e tornati ad Itea e non ancora rimessi sul “mercato”, ndr) non è stata realizzata nemmeno la metà. Per gli alloggi di risulta sicuramente si è superato i 3.000 ma per le prime due categorie si è oltrepassato di poco la soglia delle 500 unità ciascuna» ragiona Alotti.
Eppure il bisogno di casa c’è. La giunta Rossi aveva approvato a fine luglio con il bilancio di assestamento l’incremento delle risorse da destinare a Itea, stanziando 20,7 milioni da spalmare su 4 anni per gli alloggi a canone sociale e 11 milioni per il canone moderato per il biennio 20192020. Poi però è arrivato l’autunno, le elezioni e il cambio di governo. «Stiamo aspettando risposte. C’è un grande bisogno di casa soprattutto sui centri a maggiore densità abitativa. Circa 4.000 famiglie restano fuori dalle graduatorie: di questi 2.000 circa vengono soddisfatti con l’integrazione al canone». Tradotto: chi non è abbastanza «povero» da poter fare domanda di alloggio sociale chiede un aiuto economico, che può arrivare anche a 250 euro, per pagare l’affitto della casa privata in cui vive. «Anche su questo però ci sono molti punti di domanda: quanti soldi si intendono stanziare quest’anno per l’integrazione al canone? Ci è stato detto che verranno messi nell’assestamento di bilancio ma non sappiamo ancora nulla».
A ingarbugliare ulteriormente la matassa ci si mette anche il reddito di cittadinanza. «La misura nazionale — spiega il segretario della Uil — prevede, per chi la percepisce, un aiuto al pagamento dell’affitto che oscilla tra i 250 e i 350 euro. Ma chi già ha l’integrazione al canone o l’alloggio pubblico e va a percepire il reddito di cittadinanza avrà anche questo sussidio? Oppure, come intendono evitare il verificarsi di doppioni?». Alotti mette sul piatto anche una proposta: «Da tempo ribadiamo che ci sono molti alloggi sfitti in città e fuori: proponiamo da tempo l’istituzione di un fondo di garanzia che stimoli i privati ad affittare questi appartamenti».
In questo scenario però l’intenzione della giunta Fugatti di elevare a 10 anni di residenza il requisito per accedere agli alloggi pubblici potrebbe portare delle novità: «Attualmente — spiega Franco Ianeselli della Cgil — le domande dei cittadini comunitari ed extracomunitari sono distinte e a questi ultimi va circa il 10-15 per cento degli alloggi. Un criterio discutibile, che già a Bolzano è stato messo in discussione da una sentenza e introdotto però in nome di un principio di uguaglianza e di valorizzazione della residenza. Se ora si forza la mano con il criterio dei 10 anni si rischia l’effetto boomerang: i ricorsi ci saranno e a quel punto rischiano di mettere in discussione tutto — avverte Ianeselli — Al di là di questo c’è bisogno di costruire e affittare alloggi pubblici. Anche nelle indagini che facciamo al nostro interno tra i lavoratori, il problema del prezzo della casa è uno dei più sentiti, più che in altre regioni italiane. Quindi è ora di ripartire e non più in una logica di contributi per l’acquisto della casa: questi ultimi non fanno altro che far innalzare il prezzo sul mercato. L’edilizia sociale è una priorità».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Lorenzo Pomini, segretario della Cisl: «Il bisogno di casa c’è. L’acquisto da privati è stato fallimentare perché si è rivelata una speculazione. Bisogna riprendere in mano la questione: sarebbe opportuno anche reintrodurre il riscatto, uno strumento che indurrebbe l’inquilino ad avere maggiore cura dell’alloggio e Itea a recuperare denaro da reinvestire».

Scarica il pdf: edilizia ART 010519