08 settembre 2018 – Corriere del Trentino

«Posto fisso, ma salario decurtato»

Mense scolastiche in Val di Non: Markas impone il tempo indeterminato, estate scoperta Pesa il decreto Dignità. Cgil: la Provincia intervenga. Cisl: meglio l’accordo precedente

Gli appalti delle mense scolastiche rischiano di diventare un altro campo di controversa applicazione del decreto Dignità, perché i lavoratori «staccano» nei tre mesi delle vacanze estive. Un caso in particolare fa scoppiare anche uno scontro fra sindacati: nelle mense della Val di Non la bolzanina Markas impone di passare dal contratto a tempo determinato a indeterminato le 50 lavoratrici. La Filcams Cgil è d’accordo, la Fisascat Cisl vede il rischio di zero stipendio nei tre mesi di vacanza, prima «coperti» dalla disoccupazione. Ora la Cgil chiede che la Provincia tappi il buco con risorse ad hoc.
Filcams Cgil, con il segretario Roland Caramelle e la funzionaria Francesca Delai, denuncia la «situazione paradossale: sono state assunte a tempo indeterminato, dopo anni di precariato, ma rischiano di pagare cara la loro stabilizzazione». Il caso, secondo la Cgil, potrebbe espandersi a tutte le circa 1000 lavoratrici delle mense trentine. «Siamo soddisfatti per il contratto a tempo indeterminato: a seguito del decreto Dignità che ha reintrodotto le causali per i tempi determinati, non rientrando nelle attività stagionali, le lavoratrici vanno stabilizzate. Ma non è giusto che perdano reddito». «Con la stabilizzazione infatti lavoreranno 9 mesi all’anno, ma durante la chiusura delle scuole non avranno né stipendio, né contributi, né assegni familiari, né potranno accedere alla Naspi». «È una situazione ingiusta di cui chiediamo che si facciano carico le istituzioni: servono nuove forme di sostegno al reddito per queste lavoratrici discriminate» scrive la Filcams, che auspica che la Provincia, stazione appaltante, nella composizione della base del prezzo tenga conto di una copertura anche parziale della retribuzione». Anche le aziende, che stabilizzando hanno sgravi fiscali e contributivi, dovrebbero «reinvestire sui dipendenti: non è pensabile che per essere stabilizzate ci rimettano».
Per Carlo Monte, della Fisascat Cisl, le cose però non stanno così. «Prima che l’appalto passasse alla bolzanina Markas, per quindici anni siamo andati avanti senza problemi con contratti a tempo determinato: il contratto di questo personale è quello del turismo e perciò il loro trattamento viene equiparato a quello degli stagionali. In precedenza il massimo era 36 mesi di tempo determinato: ma non importa, si derogava. A fine anno scadeva il contratto, scattavano gli ammortizzatori e poi c’era un accordo che prevedeva il reintegro sempre dello stesso personale». «La subentrante Markas invece ha detto: stabilizzazione e stop per i 3 mesi in cui si sta fermi. Prendere o lasciare. Noi eravamo contrari, volevamo rimanere alle condizioni precedenti, ma siamo stati costretti a firmare. La Filcams Cgil invece spacciava questa cosa per la conquista del posto fisso, ora che l’articolo 18 non c’è più e con lui il posto sicuro» aggiunge il sindacalista della Cisl. La Markas (250 milioni di fatturato e 8.760 dipendenti) «non ha accettato nemmeno di utilizzare i 24 mesi previsti dal decreto Dignità: il personale è assunto da 7 mesi, ne mancavano un bel po’» aggiunge Monte. «Per risparmiare due lire la Comunità di Valle ha affidato l’appalto a Markas. Abbiamo chiesto un incontro per affrontare questa situazione e ce l’hanno concesso guarda caso alla fine di settembre», aggiunge il sindacalista della Fiscascat, che però non crede che quello della Val di Non diventerà un precedente: «Le altre mense in maggioranza sono gestite dalla Risto3, che a suo tempo ha firmato l’accordo che consente di mantenere contratti a tempo determinato e che però ogni anno prevede che il personale in uscita venga riassunto, consentendo in questo modo la copertura nei tre mesi di disoccupazione».
Secondo Walter Largher, segretario regionale della Uiltucs, la questione del decreto Dignità «sarà un problema che si presenterà l’anno prossimo. In precedenza i tempi determinati venivano riassunti ogni anno in base ad accordi, ma temo che il passaggio a tempi indeterminati si verificherà, con le conseguenze del buco di tre mesi. La questione però è complessa e dovrebbe essere affrontata a livello provinciale. Il tema è importante e riguarda tante persone». Il sindacalista Uil teme che «persone che hanno magari vent’anni di esperienza di lavoro in una mensa rischino di rimanere a casa». In passato il decreto Dignità aveva già fatto temere a 350 addetti del Progettone (su 1700) di non poter continuare a lavorare.

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