27 marzo 2019 – Corriere del Trentino

Reddito, domande a rilento: solo 1 famiglia su 4 lo chiede

Tante, tantissime domande per il reddito di cittadinanza. Ma la parola va ben interpretata: più che modelli inviati all’Inps (e ci sono anche quelli, 788 quelli trasmessi dai caf trentini a Roma) sono interrogativi che i cittadini pongono ai patronati di Cgil, Cisl, Uil e alle Acli. Il nodo, lo dicono tutti è lo stesso: se inizio a percepire il rdc che fine fa la quota A dell’assegno unico? La devo restituire? «Di fronte all’incertezza della risposta — spiega Walter Bonatti, direttore Caf Cisl — molti preferiscono aspettare».
La questione rimanda alla peculiarità trentina, dove misure di assistenza simili a quelle introdotte dal governo giallo verde esistono già. In Trentino più di 9.000 cittadini nel 2018 hanno beneficiato dell’assegno unico, uno strumento che riunisce in sé varie misure assistenziali: dal sostegno al reddito (appunto la quota A) alla cura dei figli, all’aiuto per le iscrizioni ai nidi e per gli invalidi. Il reddito di cittadinanza, con l’accordo trovato in commissione alla Camera, andrà a sostituire la quota a dell’assegno unico per circa 4.000 nuclei familiari in Trentino. Circa 4.900, secondo le stime di Piazza Dante, quelli che continueranno a ricevere l’assegno unico ma non più la quota A: tra questi gli stranieri residenti da meno di 10 anni, dal momento che la misura nazionale prevede questo tetto (mentre l’assegno unico era aperto ai residenti da più di 3 anni).
«In molti — spiega Barbara Deimichei, Caaf Cgil — ci hanno chiesto informazioni e preferiscono aspettare per timore di dover restituire i soldi. Noi iniziamo a raccogliere le domande da domani (oggi, ndr), abbiamo fissato circa 1.000 appuntamenti». Stessa musica al Caf della Cisl: «Le domande pronte per trasmissione sono 250, circa 60-70 gli appuntamenti — ragiona Bonatti — Ma abbiamo fatto molta più informazione che appuntamenti vorrei dire: molti non sanno se hanno i diritti, non conoscono le caratteristiche della misura e soprattutto temono, iniziando a percepire il reddito di cittadinanza, di dover restituire parte dell’assegno unico. Alcuni hanno addirittura ritirato la domanda presentata: vogliono prima capire cosa succederà». «Anche da noi — spiega Michele Mariotto direttore del Caf Acli — moltissime persone hanno chiesto informazioni, non conoscevano le caratteristiche della norma. Abbiamo circa 500 appuntamenti fissati e 473 domande trasmesse. Abbiamo notato due cose: ci sono persone nuove, giovani disoccupati che in passato non avevamo mai visto e una ventina di stranieri cui abbiamo dovuto spiegare che, non avendo la residenza da 10 anni non potranno beneficiare della misura». 50 gli appuntamenti fissati alla Uil e 65 le domande trasmesse: «Ciò non significa — commenta Anna Ropele, caf Uil — che saranno tutte accolte: alcune possono essere prive dei requisiti e dunque venir bocciate». Errori e requisiti mancanti pendono soprattutto sulle istruttorie portate alle Poste e precompilate dai cittadini, così come su quelle fatte on line: in questi casi, senza l’occhio vigile e la guida di esperti, si stima che ne verranno cestinate il 50 per cento.
In Provincia sono al lavoro per diradare le nebbie: venerdì la giunta dovrebbe dare il via libera a due delibere, una che fissa a 0,08 il tetto icef sotto il quale il cittadino è obbligato a presentare domanda di reddito di cittadinanza: chi percepisce questo si vedrà sospendere dunque la quota a della misura provinciale; l’altra che dovrebbe ammorbidire gli effetti del nuovo requisito dei 10 anni di residenza: dovrebbe in pratica venir stabilito che per chi avesse figli minori o invalidi in famiglia il requisito dei 10 anni possa saltare. Certezze si avranno soltanto con il via libera definitivo al testo, emendamento compreso, in Parlamento, atteso per questi giorni: se l’emendamento, come atteso, passerà Piazza Dante risparmierà 13 milioni circa (3 subito, legati ai 10 anni di residenza, 10 , quelli della quota a, dal 2020).

 

Scarica il pdf: reddito ART 270319