16 settembre 2018 – Corriere del Trentino

«Si rischia di svilire la professionalità degli insegnanti» Di Fiore (Uil): «Tre anni fa abbiamo presentato un documento con 2.500 firme. Nessuna risposta»

Pietro Di Fiore, segretario organizzativo Uil del Trentino, da anni non risparmia le critiche al Piano Trentino Trilingue. «Si tratta — è l’affondo del sindacalista — di un argomento di fondamentale importanza per la scuola, del quale avevamo già sottolineato alcune mancanze in passato. Nel 2015 è stato elaborato e presentato in commissione un documento firmato da 2.500 professionisti, più di un terzo dell’intero corpo insegnanti del Trentino, che criticava le modalità e le tempistiche d’azione del piano, ma ad oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta ufficiale».
Un documento di contestazione che muoveva anche delle precise richieste.« Bisogna — prosegue Di Fiore — lavorare molto per rivedere le direttive. Gli obiettivi di livello linguistico previsti e richiesti al termine di ogni ciclo scolastico vanno bene, ma è necessario evitare l’imposizione dei metodi per non svilire il ruolo e la professionalità degli insegnanti». Di Fiore contesta in particolare la modalità di insegnamento Clil. «Gli studi — spiega il segretario organizzativo della Uil — sono controversi, non tutti sono d’accordo sull’effettiva efficacia del Clil come metodo salvifico per raggiungere alti livelli di competenza linguistica. Il rischio è quello di ottenere minimi miglioramenti nella conoscenza delle lingue straniere a scapito della qualità di insegnamento delle singole materie».
Il pericolo di un depauperamento delle materie «di concetto» a causa della lingua di insegnamento è stato sottolineato in passato anche dal presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini, che ancora nel 2014 ammoniva: «Indebolire l’insegnamento disciplinare, lasciando credere che così si impara l’inglese “passaporto per il mondo” è un errore grave che rischia di compromettere la competenza solida nei contenuti, quella che ha permesso tutto sommato in questi anni la cosiddetta “fuga o esportazione dei cervelli”. Se quei cervelli hanno trovato ospitalità altrove, non è per i loro meriti nella conoscenza dell’inglese, ma semmai per la capacità dimostrata nelle varie discipline che professavano».
Lo squilibrio è evidente fin dalla scuola primaria: a fronte di una media di nove ore di insegnamento di lingua straniera o in lingua straniera, i bambini di prima elementare hanno in programma cinque ore di lingua italiana e quattro di matematica. Un altro problema altrettanto importante, avverte Di Fiore, è l’abbassamento della competenza linguistica richiesta ai docenti per ottenere la contrattualizzazione, promosso nel novembre 2017. Un abbassamento, conclude il sindacalista, che risulta ancora più significativo se si pensa che il livello richiesto ai docenti è il medesimo che dovrebbe essere raggiunto dai ragazzi che concludono il percorso di studi nella scuola superiore.

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