4 febbraio 2017 – Corriere del Trentino

Stranieri, più arrivi in età prescolare Alle materne i figli dei profughi. La Provincia: iter ad hoc. Di Fiore: il peso sui docenti

Il Trentino ha bisogno di immigrati per salvarsi dal deficit demografico? Meglio allora che arrivino giovani, pronti per affrontare il percorso scolastico fin dal principio per facilitare l’integrazione e l’accoglimento. A scattare la fotografia delle ragioni per cui la demografia trentina (e più in generale dell’Italia) è strettamente legata a quella degli stranieri che vi risiedono, è la Fondazione Leone Moressa (Corriere del Trentino di ieri); a mettere in evidenza come l’integrazione non può prescindere da un sistema scolastico efficiente e accogliente è l’indagine dell’Ufficio istruzione-area intercultura della Provincia, supportata dal Centro interculturale Millevoci. «La scuola trentina — dice evidenzia Andrea Di Girolamo — è divenuta sempre più plurilingue e multiculturale».

Ma se fino a qualche anno fa ad arrivare erano soprattutto adolescenti richiamati dai ricongiungimenti familiari (dal 2005/06 al 2015/2016 gli studenti stranieri nelle scuole trentine sono passati da 5.433 a 10.808), negli ultimi anni si sta assistendo all’arrivo di intere famiglie con figli in età prescolare. «Nell’ultimo anno — continua Di Girolamo — sono aumentati i bambini stranieri nelle scuole dell’infanzia figli di profughi e rifugiati. Quello dell’arrivo dei nuclei familiari già costituiti è un fenomeno in crescita di cui andrà tenuto conto nell’attuazione delle direttive di integrazione scolastica». Ogni scuola infatti ha un protocollo di accoglienza e i percorsi di inserimento degli studenti vengono portati avanti con percorsi personalizzati. «Trento, Pergine, la Val di Non e Rovereto — prosegue — hanno costituito una realtà di rete per portare avanti laboratori linguistici che, ancora prima dell’insegnamento dell’italiano per lo studio, insegnano la lingua per la comunicazione». E dopo? «Ad oggi — dice ancora Di Girolamo — gli studenti stranieri dopo la terza media sono orientati ad intraprendere percorsi scolastici professionali piuttosto che i licei, questo forse su input delle famiglie che cosi sperano di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro dei propri figli». Sempre sul fronte delle famiglie si rileva invece che l’informatizzazione scolastica, con iscrizioni on line o registri elettronici, non ha penalizzato l’inserimento degli stranieri.

Ma allora tutto sta filando liscio? Non proprio. Agli insegnanti, ad esempio, è sempre più richiesto un maggiore spirito di adattamento. «È vero che ci sono le risorse didattiche ma molto, moltissimo è demandato alle risorse umane — dice Pietro di Fiore, della Uil Scuola —. Dirigenti, insegnanti, mediatori linguistici spesso si trovano a dove gestire un ingresso in classe di bambini stranieri che non sanno neanche una parola di italiano. Queste situazioni sono molto delicate perché si inseriscono in un microuniverso fatto anche dagli altri studenti che devono interagire con il nuovo o i nuovi arrivati. Sono casi in aumento, che non possono essere affrontati come emergenze».

Scarica il pdf: stranieri ART 040217