01 maggio 2020 – Trentino

L’EMERGENZA CORONAVIRUS • IL FUTURO DELLA SCUOLA Lezioni con 5-7 studenti per classe

• Contratto. I sindacati chiedono una verifica (e risorse) alla luce della nuova situazione

TRENTO. Le aule del futuro, almeno nella fase di convivenza con il virus, potrebbero essere occupate da una quantità minima di alunni: fra i 5 e i 7 al massimo. La Provincia sta lavorando a un protocollo operativo per il ritorno a scuola a settembre. Ieri c’è stata una tappa importante, con un incontro che ha coinvolto diversi attori, alla presenza anche dell’assessore Mirko Bisesti. Ci sono alcuni punti già molto chiari: come la regolazione degli accessi per evitare affollamenti, la designazione di un referente Covid in ogni scuola, l’igienizzazione delle aule e l’utilizzo di tutti gli spazi possibili nei vari edifici scolastici. Ma ci sono anche altre ipotesi che dovranno essere valutate nelle prossime settimane. Il punto cardine è la possibilità di mantenere gli studenti a distanza di sicurezza, garantendo comunque loro i benefici di una “didattica in presenza”. In che modo? Dove possibile, si potranno utilizzare come aule spazi diversi. «Forse anche dei ripostigli», ipotizza Leonardo Divan, rappresentante degli studenti. Spazi da individuare dentro la scuola, ma forse anche all’esterno, nelle immediate vicinanze. «C’è chi ha suggerito una precisa mappatura per ogni istituto, indicando ogni luogo a norma», spiega Giovanni Ceschi, presidente del Consiglio del sistema educativo provinciale. Inoltre, resta in piedi anche l’ipotesi dell’accesso a scuola a turni, dividendo gli studenti nell’arco temporale più ampio possibile. L’idea è comunque di garantire ai singoli istituti alcuni margini di autonomia, nel rispetto del protocollo provinciale.

Ma perché è così importante rientrare in classe, anche a costo di stravolgere le abitudini? Secondo Ceschi, solo così si possono garantire a tutti le stesse possibilità per imparare. E tutti possono essere valutati nel modo più corretto possibile.

La scuola del futuro dovrà però passare – sostengono i sindacati – anche da un altro aspetto: quello contrattuale. A partire dal riconoscimento del lavoro svolto nei mesi dell’emergenza. «A dire il vero a noi  sembrava il minimo, ma non abbiamo ricevuto grandi rassicurazioni», dice Cinzia Mazzacca, segretaria della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil. Mercoledì c’è stato un incontro con Roberto Ceccato, dirigente generale della scuola in Trentino. «I nostri contratti mettono dei paletti molto precisi sui carichi di lavoro. Per esempio, nel monte ore rientrano anche le supplenze brevi: ma nei mesi scorsi ovviamente i docenti non hanno potuto farle – spiega Pietro Di Fiore della Uil scuola –. Noi vorremmo che si ragionasse con più flessibilità.
In questo modo, potrebbero essere valorizzate invece le altre attività fatte dai docenti. Per esempio, l’auto-formazione sulle piattaforme e sulla didattica a distanza». In parole più semplici: i contratti degli insegnanti non sono più al passo con la rivoluzione che sta coinvolgendo la scuola. «Ora attendiamo che nei primi giorni della prossima settimana l’amministrazione provinciale ci faccia una proposta per modificare le modalità applicative del contratto», dice Di Fiore. Ma Mazzacca non è fiduciosa: «Pensiamo che a parole ci sia sempre chi sottolinea l’importanza della scuola. Poi nei fatti registriamo una sostanziale indisponibilità».

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