20 febbraio 2018 –  Corriere del Trentino

Scuola:  Cisl  e Uil  aprono  a Confindustria

 Pomini:  «Giusto  orientare  iragazzi  alle  migliori  opportunità»  Alotti:  «Ma  poi  devono  essere  pagati»  Ianeselli  fuori  dal  coro:  «Guai  far  passare  il  messaggio  che  studiare  non  serve  e non  conviene»

Giusto attuare un orientamento scolastico serio, giusto che le aziende manifestino la propria necessità di personale qualificato, giusto presentare agli studenti indecisi nella scelta della scuola superiore un quadro preciso delle prospettive lavorative offerte dal mercato. Ma alcune criticità di contesto ci sono, eccome. Il parere dei sindacati su quanto espresso da Confindustria Trento, Enaip Trentino e Blm Group- Adige spa in merito all’appello di Confindustria Cuneo (Corriere del Trentino di domenica) rileva alcune questioni non emerse nel dibattito ma sulle quali Cgil, Cisl e Uil intendono far luce. Per Lorenzo Pomini (Cisl) «l’orientamento scolastico e professionale è fondamentale, un segnale di buona politica: i ragazzi vanno resi consapevoli delle proprie scelte e orientati al percorso più in linea con le proprie predisposizioni e che magari offra in seguito le migliori opportunità lavorative. Ma i temi di cui discutere — continua — sono altri: nel nostro territorio ci sono imprese che non trovano personale, un segnale d’allarme che però va colto da entrambe le parti, con un patto comune di corresponsabilità; non basta dire che non c’è manodopera. Le aziende — puntualizza — devono offrire ai neoassunti possibilità concrete, stabilità e adeguato riconoscimento economico, valorizzarne la qualifica e le competenze, garantendo loro percorsi continui di aggiornamento. Alcune imprese invece chiedono molti straordinari e il massimo di flessibilità al personale già in servizio, invece di assumerne di nuovo. Su questo punto — conclude — non ci sono più scuse: le aziende sono già nelle condizioni di poter assumere, non è più tempo di aspettare investimenti pubblici; gli imprenditori devono anche rischiare, investire e assumersi le proprie responsabilità se vogliono definirsi tali». Osservazioni ribadite anche da Walter Alotti (Uil): «Secondo i dati di Bankitalia molti imprenditori non investono nelle proprie aziende, né nella valorizzazione del personale: spesso neodiplomati e laureati vengono inquadrati a livelli bassi, senza rispettarne il livello di qualifica, come se offrire loro un posto di lavoro fosse già tanto; non sorprendiamoci—continua — se poi se ne vanno all’estero, ad esempio in Germania o in Austria, dove vengono pagati tre volte tanto. Su questo punto le aziende devono offrire maggiore trasparenza ». Sull’importanza di un orientamento scolastico serio Alotti concorda: «Bisogna presentare ai ragazzi le esigenze del mercato del lavoro, in modo da renderli più consapevoli e permettere loro di avere maggiori soddisfazioni al termine del percorso». Va chiesto inoltre «un ripensamento dell’organizzazione delle scuole secondarie». La voce fuori dal coro si leva dalla Cgil: «Guai se passasse il messaggio che studiare non serve o non conviene—commenta il segretario Franco Ianeselli — o che il ragazzo uscito dalla scuola professionale trova subito lavoro e il liceale no. L’istruzione e la formazione devono andare di pari passo, come ragionamento a lungo termine, come investimento per la vita. Oltretutto, nel futuro che si prospetta gli operai useranno sempre di più la testa e sempre meno le braccia, dovranno perciò avere capacità di apprendimento e sviluppare competenze sempre nuove. Non possiamo condizionare la scelta di un’intera vita in base agli interessi di oggi». Sul fronte orientamento ed esigenze del mercato gli strumenti già ci sono spiega Ianeselli: «Con l’ultima legge di stabilità è stata varata la creazione di un osservatorio per i fabbisogni delle imprese, ora bisogna farlo funzionare in tandem con un orientamento serio che coinvolga tutte le parti sociali. Vorrei però — conclude—che ci si affidasse più ai numeri, ai dati, alle statistiche e meno alle sensazioni».

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