Occupazione in Trentino. Nella manifattura allarme posti di lavoro
Presentato il 40° Rapporto annuale. Il Mercato del Lavoro mostra indicatori complessivi positivi, ma c’è un problema di qualità. Al Trentino primato per la crescita di contratti a tempo determinato

Se non è una vera e propria emorragia di posti di lavoro nel manifatturiero trentino poco di manca. Nei primi sei mesi dell’anno, infatti, l’industria ha perso 430 nuove attivazioni, con una diminuzione del 7,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Parallelamente, altro segnale di preoccupazione, crescono in modo considerevole le ore di cassa integrazione che raggiungono nei primi sei mesi dell’anno 1.190.798 (+75,2%). In un quadro generalmente positivo del Mercato del lavoro locale con una crescita del 2,5% degli occupati, qual è quello delineato dal 40° Rapporto sull’occupazione, non mancano dunque i segnali di allarme. “La tenuta dell’occupazione nel manifatturiero è a rischio come, purtroppo, era chiaro dalla tendenza che era già in atto nel 2024 e che trova conferma nell’analisi del Rapporto – dicono i tre segretari generali di Cgil Cisl Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher -. Perdere attivazioni nell’industria vuol dire ridurre l’occupazione di qualità, con buone retribuzioni, stabili e anche con una componente significativa di professionalità. I nostri appelli alla Giunta provinciale sono stati finalmente ascoltati ed è stato annunciato un Piano straordinario per l’Industria. Auspichiamo che oltre l’annuncio ci siano anche strategie e risorse concrete che vanno definite rapidamente”.
A preoccupare non è solo l’industria, ma più in generale la qualità dell’occupazione che si è creata in Trentino. Il lavoro a termine è cresciuto rispetto all’anno precedente e resta comunque su livelli più elevati delle regioni limitrofe. In Trentino, infatti, è il 19% del totale, il 14,5% in Alto Adige, il 13,7% nel Nordest, il 14,7% nella media italiana. A pagare il prezzo più alto della precarietà lavorativa sono i giovani e le donne. E’ a tempo determinato il 34,3% dei rapporti di lavoro nella classe di età compresa tra i 15 e i 34 anni. “Il contrasto alla precarietà lavorativa, soprattutto tra i giovani, deve essere una priorità delle politiche attive. In particolare con misure di incentivo che premino chi offre un’occupazione stabile. Senza un posto di lavoro sicuro ogni arma contro la denatalità è spuntata”.
Un discorso che vale anche per l’occupazione femminile: tra le donne cresce in modo importante l’occupazione nell’ultimo anno, però resta comunque sotto la soglia delle regioni europee più simili al Trentino. Le donne inoltre hanno troppo spesso occupazioni precarie, il 9,2% delle volte in più rispetto agli uomini. “Il Rapporto evidenzia che la partecipazione delle giovani donne al mercato del lavoro in Trentino è in linea con le migliori performance dei Paesi Europei. C’è dunque una potenzialità importante che va valorizzata con misure conciliative e di stabilizzazione lavorativa che aiutino le donne a restare sul mercato del lavoro, anche dopo aver creato una famiglia. Anche la contrattazione di secondo livello, puntando su conciliazione e flessibilità organizzativa, può essere uno strumento utile per andare in questa direzione”.
E’ proprio la contrattazione, però, un altro punto debole del mercato del lavoro locale, se è vero com’è vero, che 2.200 lavoratori in Trentino non hanno contratti firmati dai sindacati confederali. “Vuol dire che 550 aziende applicano accordi contrattuali al ribasso, che riducono retribuzioni e diritti. Questo per quanto ci riguarda è un dato inaccettabile, che va contrastato con determinazione agendo anche sulla leva delle misure pubbliche di sostegno alle imprese e sugli appalti pubblici. Per noi resta un punto fermo: i soldi pubblici non possono sostenere imprese che riducono salari e diritti. Su questo il Patto sui salari è chiaro”, concludono i tre sindacalisti.

Trento, 18 novembre 2025