Il T – Mercoledì 14 Maggio 2025

Famiglie coop, al 70% degli addetti meno di 1.350 euro

 

Lavoro | Dopo i bilanci 2024 con fatturati e utili in crescita, Cgil e Uil denunciano: dall’integrativo nessun ritorno per 1.700 lavoratrici e lavoratori

Salari

«Abbiamo scelto di non firmare un contratto che fin dall’inizio giudicavamo ingiusto. Oggi, davanti agli effetti concreti sulle condizioni salariali, possiamo affermare con forza che abbiamo avuto ragione». Lo sostengono Luigi Bozzato, segretario generale Filcams Cgil del Trentino, e Stefano Picchetti, segretario generale Uiltucs del Trentino Alto Adige/Südtirol, insieme a Carla Tatti della Filcams e Vassilios Bassios della Uiltucs a proposito dei risultati 2024 delle Famiglie cooperative, che contano oltre 1.700 addetti (Il T di ieri). I sindacalisti ricordano come «la ferita più profonda resta quella delle retribuzioni cronicamente basse, ben documentata anche dal recente studio della Cgia di Mestre: il 70% delle lavoratrici e dei lavoratori del settore guadagna meno di 1.350 euro netti al mese. Salari che non permettono una vita dignitosa, aggravati da part-time involontari, orari discontinui e carichi fisici sempre più pesanti». Secondo Cgil e Uil, il contratto integrativo delle Famiglie coop ha trasformato una parte importante della retribuzione in salario variabile, scaricando le fragilità del sistema sulle spalle di chi lavora, senza introdurre clausole di salvaguardia né vincoli di redistribuzione. «Un impianto che si è rivelato utile solo a dividere i lavoratori e a deresponsabilizzare i vertici. Chi ogni giorno tiene in piedi i punti vendita, i magazzini, le casse, i reparti freschi è stato lasciato senza certezze, senza tutele, senza riconoscimento».

Filcams e Uiltucs avevano chiesto l’istituzione di un sistema di verifica sindacale, aperto anche alle sigle non firmatarie, per assicurare trasparenza e rappresentanza reale. «Quella proposta è stata respinta, e il risultato è stato un impianto opaco, autoreferenziale e privo di contrappesi» sottolinea Bassios. Il risultato? «Le cooperative hanno avuto mano libera nell’interpretare, tagliare, trattenere, senza alcuna forma di controllo esterno. I lavoratori sono stati lasciati soli, disarmati, privi di voce».

Persino nelle 42 cooperative con bilanci attivi non è stata redistribuita alcuna quota. Le 16 in perdita, invece, «continuano a chiedere sacrifici, come se la responsabilità delle inefficienze fosse di chi lavora. Questa non è cooperazione: è capitalismo improvvisato in salsa mutualistica» denunciano Bozzato e Picchetti. «In molte lavoratrici c’è oggi un senso di frustrazione e sfiducia. È inaccettabile che chi tiene in piedi i negozi con professionalità e spirito di servizio venga lasciato senza certezze né riconoscimenti. L’assenza di redistribuzione è una ferita sociale che pesa in particolare sulle donne, spesso part time involontarie e precarizzate», aggiunge Carla Tatti. «La cooperazione deve tornare a essere un modello fondato su mutualismo autentico, partecipazione reale e giustizia sociale. Oggi assistiamo a logiche aziendali che svuotano la dignità del lavoro» concludono Bozzato e Picchetti.

 

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IL T ART cooperazione 140525