Il T – Martedì 18 Marzo 2025
Infermiera presa a pugni in ospedale
Varagone (Uil): «Prognosi di 21 giorni. Ha tanta paura a rientrare, non se la sente»
Il caso
ARCO Ancora un’aggressione ai danni di un’infermiera, ancora una volta in un reparto, e questa non negli ospedali di Trento o Rovereto, già attenzionati da Apss, politica e forze dell’ordine, ma nel nosocomio periferico di Arco. Una violenza tale da aver provocato lesioni per una prognosi di 21 giorni ai danni di un’infermiera dipendente in turno notturno nel reparto di medicina. Momenti di tensione e concitati che hanno richiesto, per ovvie ragioni, l’intervento della Polizia di Stato della questura di Riva del Garda che sono intervenuti per ricostruire quanto accaduto e mettere nero su bianco una denuncia affinché tutto sia fissato. Come detto, l’aggressione è avvenuta durante il turno notturno in un momento in cui il reparto dovrebbe essere in situazione tranquilla e, conseguentemente, con non troppo carico di lavoro, sebbene, almeno secondo i sindacati, la situazione personale non è certo delle migliori.
«Quello che è accaduto non è accettabile – ha spiegato Giuseppe Varagone della Uil –. La nostra tesserata è stata aggredita da un paziente nel reparto di medicina, ma da quello che abbiamo appurato, questa persona non si sarebbe dovuta trovare lì perché sarebbe dovuta essere riferita al reparto di psichiatria. Lei ha subito un’aggressione violenta. È stata presa ripetutamente a pugni e le ferite riportate, le contusioni, le sono valse una prognosi di 21 giorni. Non è accettabile. Non è possibile che ci sia paura in tutti i reparti. Perché la situazione non è dissimile da Trento. Anche le periferie, gli ospedali periferici intendo, vivono le medesime preoccupazioni. Ho potuto parlare con la nostra tesserata e lei ha paura. Non se la sente a rientrare a lavoro una volta conclusa la convalescenza».
Per Varagone, questo atto è solo la punta di un iceberg pronto ad esplodere soprattutto con l’imminente e già annunciata soppressione del reparto di psichiatria sostituito da un centro adolescenziale e uno h24 in supporto posto nella palazzina sanitaria delle Palme. Strutture che non sono comparabili con un reparto ospedaliero nel quale si trova personale specializzato.
«Ora che psichiatria chiuderà e che i casi più gravi saranno portati via – spiega Varagone – chi a Trento e chi a Borgo Valsugana, espone il personale degli altri reparti alla gestione di utenti, magari meno gravi, che potrebbero mettere a rischio la sicurezza dei dipendenti. Già oggi la situazione vede poco personale e la notte è un turno delicato. La professione di infermieri è spesso praticata da donne e questo le sottopone a un maggior rischio di violenza. Proprio come successo l’altra notte. Non si possono tacere atti del genere e per questo siamo soddisfatti che siano intervenute le forze dell’ordine. Quello che ci preoccupa veramente tanto è quel che potrà succedere con la chiusura di psichiatria».
Allarmato e preoccupato anche il sindaco di Arco, Alessandro Betta, che è intervenuto sulla questione ponendo l’accento sulla delicatezza del ruolo del personale medico e infermieristico. «Siamo sempre più abituati a sentire di simili episodi non solo sulla cronaca nazionale, ma anche provinciale e ora locale – spiega Betta –. I sanitari sono passati da eroi e angeli che durante il Covid si sono messi in prima linea per aiutare la salute di tutti, a dipendenti al quale viene detto “fate il vostro lavoro” quasi sottovalutando il ruolo di prim’ordine che occupano all’interno della società». E il problema, almeno secondo il primo cittadino arcense, è anche di natura sociale. «Credo che ci sia un mutamento della società che ha scardinato il rispetto dei ruoli e delle figure. C’è un trend che va analizzato in ambito sociale perché spesso si verificano in vari contesti azioni violente. Forse per frustrazione, forse per esasperazione, forse per impazienza. La mia piena solidarietà va all’infermiera che è stata aggredita e va trovato un modo per mettere il personale nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro. È chiaro che pesi anche una carenza di personale».
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