l’Adige – Sabato 7 Giugno 2025
La provocazione dei sindacati: «Niente premio ai non iscritti»
Cgil, Cisl, Uil e Ugl: «Le aziende si fanno forti di una scarsa partecipazione. Chi oggi non c’è non potrà lamentarsi domani»
LAVORO
Uno dei capolavori di Giorgio Gaber recita così: «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, Libertà è partecipazione». Versi che tornano in mente soprattutto in questi giorni di referendum e ancor più, in chiave localissima, dopo aver letto i numeri dei partecipanti al voto per il via libera (o meno) al nuovo «premio di risultato» a Cartiere del Garda, una delle realtà industriali storiche e fondamentali di tutto il Trentino. Un traguardo arrivato dopo mesi di trattative anche non facili, prova ne sia lo stato di agitazione proclamato da sindacati e lavoratori all’inizio di febbraio.
Eppure questo passaggio mette in evidenza un dato decisamente negativo: la partecipazione dei lavoratori alle assemblee e al voto finale. Su 467 lavoratori che ne avevano diritto e che incasseranno comunque i benefit dell’accordo, i votanti sono stati appena 194, poco più del 40 per cento. Una percentuale addirittura inferiore a quella del ballottaggio per le comunali del 18 maggio scorso, il che è tutto dire. Ecco allora la provocazione delle sigle sindacali, Cgil, Cisl, Uil e Ugl: come parte integrante dell’accordo è stato approvato un dispositivo che prevede in buona sostanza «la trattenuta (facoltativa) nei riguardi dei non tesserati alle rappresentanze sindacali che hanno sottoscritto il contratto nazionale di categoria». Una provocazione appunto, perché di fatto risulta di difficile applicazione. Una provocazione unica che riporta al centro della discussione la scarsa partecipazione dei lavoratori all’impegno sindacale, salvo poi trarne beneficio rimanendo alla finestra.
«Questa partecipazione riflette il senso civico del nostro Paese – osserva Norma Marighetti, Cgil – Chi non partecipa alle assemblee sono gli stessi che poi si lamentano alle macchinette, ognuno guarda il proprio orticello e non l’interesse collettivo. Anche per questo è fondamentale andare a votare domenica e lunedì per i referendum».
Qualcuno in assemblea ha definito questa componente «gli scrocconi»… «Io con un’espressione altrettanto forte li ho parificati agli evasori fiscali – aggiunge Lorenzo Pomini, Cisl – Non contribuisco al bene collettivo ma pretendo. L’Rsu (la rappresentanza sindacale unitaria) fa uno sforzo enorme, fa sacrifici, fa un lavoro importante, in questo caso specifico ha avuto molto coraggio e determinazione. Ma poi in assemblea i non iscritti sono sempre i più critici. L’alternativa è nessun sindacato ma anche nessun contratto nazionale di lavoro e nessun accordo di secondo livello. Serve un nuovo protagonismo e una rinnovata responsabilità da parte di tutti i lavoratori. Non può – incalza Pomini – valere la logica (diffusa ovunque peraltro) che siccome io sto bene me ne frego degli altri, perché non ci si mette molto a tornare indietro sul piano dei diritti».
«Il patrimonio dei diritti è collettivo e va difeso collettivamente – sottolinea Alan Tancredi, Uil – Io da tempo pongo la questione. In tanti si nascondono dietro un dito visto che l’iscrizione al sindacato non è obbligatoria e accusano il sindacato di non essere quello di una volta. Ma il sindacato è fatto dai lavoratori e tra l’altro neanche i lavoratori sono più quelli di una volta. Anche perché l’azienda sa quanti lavoratori sono iscritti al sindacato e si fa forte se il numero è esiguo, con la conseguenza che per l’Rsu diventa più difficile trattare. Maggior forza al sindacato porta a risultati contrattuali migliori. I contratti sono frutto di chi il sindacato lo sostiene».
«Oltre 5.000 euro l’anno in premi produzione, welfare aziendale, quattordicesima e altri benefici ottenuti grazie alla contrattazione di secondo livello sindacale – fa notare Leonardo Iania, Ugl – Questo è quanto porta a casa oggi un lavoratore medio di Cartiere del Garda grazie al lavoro sindacale delle sigle che rappresentano i lavoratori (Cgil, Cisl, Uil e Ugl). Ma il dato più inquietante non è quello economico, è quello culturale. È l’assenza. L’apatia. È la crescente indifferenza di chi gode dei diritti, ma non muove un dito per difenderli. Molti pensano che i diritti siano garantiti “per natura”, come se welfare, premi e tutele piovessero dal cielo. Invece sono il frutto di anni di lotte, trattative, presidi, contratti. E oggi, troppi lavoratori ne usufruiscono senza partecipare, senza iscriversi, senza capire che tutto questo potrebbe finire in un attimo. Il sindacato – incalza Iania – non è un ostacolo per le aziende. Il vero nemico non è il rappresentante sindacale, ma la precarietà. Sono i diritti negati, la non sicurezza, i salari troppo bassi, i contratti usa-e-getta. E in Trentino, ormai, anche chi guadagna 2.000 euro al mese è considerato un lavoratore povero. In questo contesto, dire che “il sindacato non serve” è un atto di ignoranza pericolosa. È un errore storico. Chi oggi si gira dall’altra parte, domani scoprirà che nessuno lo proteggerà. Non c’è futuro per chi si disinteressa del presente».
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