l’Adige, Corriere del Trentino – Martedì 10 Giugno 2025
Referendum. Un’affluenza sotto la media. Largher (Uil): «Il sindacato ricostruisca il legame con i lavoratori e trovi nuove forme di partecipazione»
REFERENDUM
I più realisti lo avevano capito già domenica alle 12: quel 7,04% faceva del Trentino una delle province in cui la presenza alle urne sarebbe stata sotto la media nazionale. Certo era troppo lontano dalle percentuali raggiunte in passato da referendum andati a segno (l’acqua bene comune su tutti). E quindi si è capito che di sicuro alla fine della due giorni dedicata al referendum, qui come nel resto del Paese, il quorum sarebbe stato solo un miraggio, per di più lontano. Ieri alle 15 quindi nessuna sorpresa: il Trentino si è fermato al 29,09%, sotto la media italiana del 30,58%. Bolzano maglia nera, con il 15,87%. Che sia stato il plateale richiamo ad andare al mare di alcuni partiti, che i quesiti fossero davvero troppo complessi da capire, come sostiene qualcuno che deve avere scarsa considerazione per le capacità intellettive degli italiani, che sia stato più probabilmente il fatto che non si sono interessati a quanto e come questo voto avrebbe impattato sulle loro vite oltre che sul mondo del lavoro italiano, ormai poco importa. È stato un fallimento, come ammettono i proponenti, o almeno quelli tra loro dotati di onestà intellettuale. «Dovremo interrogarci su quali strumenti mettere in atto per proseguire la battaglia, allo scopo di aumentare le tutele per i lavoratori e le lavoratrici» evidenziava infatti ieri il segretario della Cgil del Trentino Andrea Grosselli.
Ma guardando al voto, le dinamiche emerse a urne chiuse sono le stesse del primo giorno: nessun Comune si è avvicinato al quorum, nemmeno i municipi dove gli elettori sono stati mobilitati di più: a Luserna si è arrivati al 43,19%, tallonata da Sagròn Mis (40,54%) e Castel Condino (39,79%). Tra chi invece ha snobbato in massa le urne ci sono Fierozzo (12%), Bocenago (13,21%), Molveno (13,48%) e Soraga di Fassa (13,84%). Quanto le città, infine, si sono mobilitate più del resto della provincia, per quel che vale: a Trento si è toccato il 36,10%, a Rovereto il 35,18%, a Pergine il 31,07%.
«Questa per la Cgil, per la nostra organizzazione, è sicuramente una sconfitta cocente e senza appello – evidenzia Grosselli – La scelta di percorrere la strada del referendum è stata condivisa, dai vertici alla base, e di questo dobbiamo assumerci la responsabilità, io per primo». Grosselli non aderisce alle interpretazioni di alcuni, secondo cui si può parlare di buon risultato anche se il quorum non è stato raggiunto: «Se uno sostiene il referendum ha un unico obiettivo, il quorum. Si sapeva che era difficile. Altri ragionamento potranno forse farli le forze politiche, hanno la legittimità di farlo. Noi partiamo dal presupposto che i lavoratori e le lavoratrici hanno parlato, va rispettato». Questo non significa però, osserva, che si chiuda qui la battaglia per le tutele sul lavoro: «Intanto ringraziamo comunque i 125 mila elettori che si sono espressi, ringraziamo anche attivisti e militanti di partiti politici che hanno sostenuto il referendum. Di positivo resta comunque l’impegno speso per riportare al centro della discussione pubblica le questioni che riguardano il lavoro, la precarietà, i licenziamenti illegittimi, la sicurezza e il diritto alla cittadinanza. Per noi ora parte una riflessione interna. Dobbiamo interrogarci su quali sono gli strumenti per avere più tutele, più diritti, contrasto alla precarietà, obiettivi che ci eravamo posti con questo referendum e che sono centrali in un Paese che voglia crescere ed essere paese europeo».
Parla di fallimento anche Walter Largher, segretario generale della Uil, che non era tra le forze promotrici del referendum ma aveva invitato i trentini ad andare a votare: «Il sindacato deve interrogarsi senza cercare scorciatoie e responsabilità solo all’esterno o fuori da esso. La scarsa partecipazione parla chiaro: i lavoratori e le lavoratrici ci stanno dicendo qualcosa che non possiamo ignorare. Dobbiamo capire le ragioni di questa distanza e accettare che, in parte, abbiamo sbagliato approccio. È il momento di aprire una nuova stagione di ascolto, vera, nei luoghi di lavoro – conclude Largher – Dobbiamo ricostruire il legame con chi rappresentiamo, trovare nuove forme di partecipazione, più dirette, più efficaci. Serve un sindacato che sappia cambiare per essere vicino, davvero, alle persone. La sfida non è facile, ma necessaria. E noi siamo pronti ad affrontarla».
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ADIGE referendum 100625
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