10 febbraio 2017 –  Trentino, Corriere del Trentino

Riforma anziani, la protesta delle Rsa

L’Upipa: non ci siamo. Presidenti furibondi. De Laurentis: la politica butta via la nostra efficienza Timide aperture da Cipriani (Consolida) e Monfredini (Spes). I sindacati: valorizzare le professionalità

TRENTO «Non ci siamo. Non ho uno, ma quaranta punti di domanda di fronte a questa riforma dell’assistenza agli anziani. Non va nella direzione che avevamo concordato. Pensavo che una materia così importante meritasse un’altra delicatezza, un’altra onestà di confronto». Moreno Broggi, presidente dell’Upipa, il sindacato delle Apsp trentine, non ama le polemiche sui giornali e si riserva di dare «opinioni più precise dopo l’incontro della prossima settimana con l’assessore». Ma ieri mattina si è ritrovato la rivoluzione in casa: quel che non dichiara lui lo dichiarano — dietro garanzia dell’anonimato — diversi altri presidenti delle Aziende pubbliche di servizi alla persona. Dal terzo settore, invece, arriva una timida apertura alla riforma Zeni.

Cosa cambia

Secondo il disegno presentato dall’assessore al Pd e alla maggioranza, l’assistenza alla terza età sarà imperniata su sedici «Agenzie per l’anziano», una per ogni comunità, che assorbiranno le Apsp (da 41 diventeranno 16) e avranno un cda di sette componenti al massimo, nominato dalla conferenza dei sindaci. La Provincia assegnerà il budget sanitario-assistenziale (oggi 132 milioni) alle comunità, che daranno all’Agenzia gli indirizzi di welfare: toccherà a quest’ultima prendere in carico l’anziano e indirizzarlo a tutti i servizi (residenziali e non, compresi quelli forniti dal terzo settore).

Chi sale e chi scende

L’impianto valorizza le comunità di valle (una concessione all’Upt) e prevede un ruolo (ancorché consultivo, dunque ancora tutto da pesare in concreto) al terzo settore. Tra gli addetti ai lavori, la diagnosi è chiara: chi esce peggio dal disegno di Zeni sono proprio le Apsp e, di riflesso, l’Upipa. «Queste decisioni sono dell’assessore, se ne assumerà la responsabilità — continua Broggi — Oggi abbiamo strutture di qualità e la nostra preoccupazione è che si vada a incidere negativamente su questi servizi. Non siamo preoccupati di poltrone, cda o direttori».

Gli sfoghi

I membri del cda di Upipa hanno la consegna del silenzio e parlano solo dietro garanzia di anonimato. Ma per capire che aria tira è più che sufficiente: si comincia da «Questa riforma è una pazzia, non dico altro», per proseguire con un più moderato «Non va certo nella direzione che aveva proposto Upipa, dobbiamo fare approfondimenti». «Mi chiami un’altra volta, non ho voglia di parlare», dice un altro componente del board. Ancora: «Viene proposto un modello da azienda sanitaria, dove ci porterà questa riforma? Oggi mettiamo al centro la persona, così finiremo come nelle altre regioni italiane. Numeri». Poi ci sono le considerazioni tattiche: «Avevamo chiesto che le fusioni si facessero dal basso, così invece vengono imposte dall’alto». Il commento meno ostativo è comunque denso di timore: «Razionalizzare si deve. Ma lo schema di Zeni potrebbe generare sedici carrozzoni, con i posti nei cda oggetto di spartizione».

De Laurentis

Chi non esita a metterci la faccia è Roberto De Laurentis, presidente dell’Apsp Fondazione Comunità di Arco. «Oggi le Rsa hanno una gestione sana e funzionano già come punti di assistenza con il cittadino al centro. Nel nostro territorio operiamo già in comune con altre strutture, per esempio sui concorsi. Abbiamo già piani di contenimento dei costi. E oltre l’80% della spesa è per il personale, che è di qualità e specializzato. Vogliamo risparmiare qualcosa sugli acquisti, che valgono il 9%? Quanto pensiamo di poter risparmiare?». De Laurentis è un fiume in piena: «Ho scelto di avere un medico interno, quaranta ore a settimana. Conosce i pazienti e fa prescrizioni con i generici: abbiamo risparmiato il 30% sulla spesa farmaceutica. Avere servizi sanitari separati per me abbasserebbe la qualità. Ed è solo un esempio. E poi se fondiamo

quattro Apsp, i tre direttori che esuberano dove li mettiamo?». Di fronte all’invecchiamento della popolazione, De Laurentis propone una risposta diversa: «La rete sul territorio esiste già, è costituita dalle Rsa che vanno coordinate come le reti d’impresa. Si può pensare a un modello misto, con cooperative esterne collegate alla casa di riposo. Le risorse si potrebbero recuperare eliminando l’assegno di cura, un semplice strumento di consenso. La politica venga a parlare con i direttori, trovi le soluzioni con loro, anziché buttare via l’efficienza costruita finora».

Upipa, futuro incerto

De Laurentis torna a mettere in discussione anche Upipa: «Non mi sento rappresentato e ho dei dubbi se continuare a pagare la quota». Ma dubbi sul futuro dell’ente arrivano anche dalla riforma Zeni, che prevede la possibilità di convenzioni tra le sedici Agenzie per l’anziano: una forma di concorrenza potenzialmente letale per il ruolo di centro servizi che Upipa stessa sta cercando di ritagliarsi. Martedì l’ente incontrerà Zeni, ma già si mormora di richieste di un’assemblea straordinaria. Lo stesso giorno l’assessore vedrà anche i sindacati e il terzo settore. Cgil, Cisl e Uil parlano di «cambiamento necessario per rendere il sistema sostenibile anche in futuro», ma chiedono che «vengano valorizzate le professionalità del settore».

Il terzo settore

Nella cooperazione sociale, il giudizio della presidente di Consolida, Serenella Cipriani, è cautamente positivo: «La presa in carico globale degli anziani è stata recepita, ma questa è solo l’architrave. Ci saranno delle interlocuzioni da portare avanti». Italo Monfredini, direttore del Gruppo Spes, fresco di dimissioni da Consolida, non si sbilancia: «Vedo un vago tentativo di coinvolgimento del terzo settore, ma poi bisognerà vedere le modalità di attuazione».

Scarica il pdf: anziani ART 100217