Buste paga in lockdown: in Trentino Alto Adige persi 80 milioni. Un rapporto della Uil ha misurato l’impatto della cassa integrazione forzata a zero ore per 81 mila lavoratori dipendenti: calo medio di 978 euro a testa.

Covid interessa anche le buste paga. Nelle tasche dei lavoratori dipendenti mesi in cassa integrazione a zero ore e ad aprile e maggio mancano 4,8 miliardi di euro dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali. In Trentino Alto Adige su 81 mila lavoratori coinvolti, la sforbiciata vale 80 mln di euro, 978 euro pro capÌte, in una classifica in cui il primato della maggior perdita sulle retribuzioni nette è della Lombardia, che con 1,2 mld copre un quarto del totale italiano di 4,8 mld.      E’ quanto emerge da un’indagine condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil che ha elaborato i dati Inps delle ore autorizzate di integrazione salariale su cui sono state condotte le simulazioni. Nell’indagine si precisa che il taglio per gli 81.094 dipendenti di Trento e Bolzano in cassa a zero ore-Covid (52.726 in ordinaria, 28.302 al fondo di solidarietà, 7 in deroga) è stato di 441.757.729 euro ad aprile e di 37.763.057 a maggio, una somma appunto di poco meno di 80 milioni. Tra gli altri dati che riguardano la nostra regione, le ore di cassa integrazione autorizzate ad aprile e maggio sono pari a quasi 28 milioni, in un contesto Italia di 1.684 milioni di ore, con la Lombardia a 409 milioni, il Veneto a 212, l’Emilia Romagna a 172 e il Piemonte a 144. Il servizio Uil approfondisce anche l’incidenza della perdita in pieno “lockdown” sulle singole retribuzioni mensili dei dipendenti. Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei della tredicesima e della quattordicesima, spiega la Segretaria confederale nazionale del sindacato Ivana Veronese, in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 18% al 37%, a seconda del reddito. A fronte di circa 1,7 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate ad aprile e maggio (rispettivamente 835 e 849 milioni di ore), numeri mai raggiunti in precedenza e in così breve tempo, gli 8,4 milioni di beneficiari hanno perso mediamente 569 euro pro-capite nel bimestre. Ma se consideriamo i soli lavoratori in cassa integrazione a zero ore, che corrispondono ad una platea di 5 milioni di dipendenti, fa sapere ancora Veronese, la mancata retribuzione corrisponde a 966 euro netti medi pro-capite nel bimestre.

Numeri pesanti che portano la Uil Nazionale a sollecitare, in una riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali di «tenere ben presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e la loro rivalutazione, fissati oggi per legge a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48».

Se infatti consideriamo un dipendente a tempo pieno con una retribuzione annua netta di 17.285 euro (1.440 euro mensili) posto in cassa integrazione a zero ore per due mesi, la perdita, tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, ammonterebbe a 889 euro netti (444 euro mensili).

Altro caso è quello di un dipendente part-time con una retribuzione netta annua di 10.005 euro (834euro mensili) che in due mesi in cassa integrazione perderebbe 290 euro netti (145 euro mensili).

Per la Uil «la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua».

 

Segretario Generale

Uil Trentino

Walter Alotti

 

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