19 febbraio 2017 – Corriere del Trentino

Cerea: «La delega dev’essere rivisitata

Ateneo più autonomo dalla Provincia» L’economista: diritto allo studio, serve una svolta. La Uil: «Trasferimenti subito»

Piazza Dante deve più di 200 milioni all’ateneo trentino: il credito accumulato in cinque anni continua a far discutere. E la questione diventa pretesto per lanciare l’idea (del professor Gianfranco Cerea) di una «revisione della delega».

«Nessun calo di attenzione sull’Università» ha rassicurato il governatore Rossi (Corriere del Trentino di ieri) dopo aver ricordato il «piano di pagamenti» previsto a partire dal 2018. Ma il tema, secondo il segretario della Uil Rua Maurizio Migliarini, ormai «ha riaperto la questione della provincializzazione dell’Università»: «Il presidente Rossi — dice — si attivi subito per garantire all’ateneo le risorse necessarie, non è accettabile che un giorno si dica che l’università è il fiore all’occhiello del Trentino e poi il giorno successivo si scopra che nelle casse dell’ateneo non c’è un euro».

Cerea, ordinario di Economia e Management: «I vincoli di finanza pubblica li hanno subiti tutti in Italia e le università italiane hanno avuto serie restrizioni sulle libertà dei programmi che Trento non ha avuto grazie alla delega. I crediti sono l’altra faccia della medaglia: la Provincia ha dovuto tirare i cordoni dei pagamenti, anche altri soggetti li hanno. Nessuno penso abbia deciso di strangolare l’Università. Poi c’è il piano di pagamento». Secondo il professore è questa l’occasione per avviare una revisione: «Un ragionamento per vedere se nella delega ci possano essere ulteriori margini per una maggiore autonomia dell’ateneo non solo dal punto di vista finanziario, ma anche organizzativo e funzionale. Poi alcuni aspetti della delega non funzionano benissimo: si potrebbe vedere anche con Roma di rivederla un po’. Parlo di organizzazione e diritto allo studio».

Segue un paragone: «Al pari di qualsiasi istituzione, l’Università è una bicicletta: va se si pedala. Si può anche smettere per un tratto, ma, se si vuole che proceda, non si deve smettere di spingere. L’ateneo attira sempre più gente e i trentini non ci possono entrare. Viviamo la sindrome di Boston, la città che ha il Mit e Harvard, dove i suoi giovani non possono andare. La delega era stata pensata quando a Trento studiavano soprattutto i trentini, ora le cose sono cambiate. Si tratta di trovare un equilibrio. Penso che nessuno aspiri al ritorno a un’Università di Stato, ma ci sono pure margini di autonomia dell’Università nei confronti della Provincia, ad esempio in un ragionamento con Bolzano».

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