15 agosto 2016 – Corriere della Sera

Il nodo metalmeccanici e i fondi ridotti per gli statali. I sindacati chiedono aumenti per sette miliardi in tre anni

Contratti IMM 15(8)16

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, qualche mese fa, a sorpresa, ha deciso di recuperare il rapporto con i sindacati, fino a quel momento ignorati. È partita così una trattativa ad ampio raggio con Cgil, Cisl e Uil su pensioni e mercato del lavoro e lo stesso Renzi ha fatto importanti aperture.
Dalla promessa di «più denari» per il rinnovo dei contratti pubblici dopo «sette anni senza aumenti di stipendio» all’affermazione, nei giorni scorsi, della necessità  di trovare più risorse da mettere sulle pensioni «a partire dalle minime». Solo che ricucire costa moltissimo, anche facendo la tara ai sindacati che vorrebbero almeno 2,5 miliardi di euro
di stanziamenti per le pensioni e non meno di 7 miliardi in tre anni sui contratti pubblici.
I maligni dicono che il premier è in campagna elettorale, tuttavia, a prescindere dal referendum sulla riforma della Costituzione, il governo avrebbe comunque dovuto affrontare i contratti pubblici e la flessibilità  in uscita sulle pensioni. Sui primi c’è addirittura una sentenza della Corte costituzionale (la 178 del 24 giugno 2015) che  impone il rinnovo. Sulla seconda sono i fatti a premere per consentire le uscite anticipate, come del resto il governo ha già  deciso per i bancari (fino a 7 anni prima), per gestire meglio le ristrutturazioni aziendali, tanto più che dal 2017 non ci sarà  più l’indennità  di mobilità .

La questione del rinnovo dei contratti pubblici si trascina dalla fine del 2009 quando è scaduto l’ultimo rinnovo. Dopo la sentenza della Consulta, il governo ha stanziato la cifra simbolica di 300 milioni. Il rinnovo dei contratti riguarda circa 3 milioni di lavoratori accorpati, in seguito alla riforma Brunetta, in 4 comparti (prima  erano 11) più la presidenza del Consiglio: 1) Enti centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici); 2) Autonomie locali (Regioni e province); 3) Sanità ; 4) Conoscenza (scuola, ricerca e università ).

La Uil ha calcolato che, coi contratti che scadranno nei prossimi mesi, il totale salirà  a 12 milioni. Il meccanismo si è inceppato perchè con la deflazione (prezzi in calo) le aziende sostengono che il potere d’acquisto è tutelato e non c’è ragione di dare aumenti di salario per questa voce mentre sarebbe logico darli solo in azienda in relazione alla produttività . Ma i sindacati non vogliono rinunciare al contratto nazionale.

Il 1° settembre ci sarà  un vertice tra il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, e i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna
Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.

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