18 dicembre 2016 – Corriere del Trentino

Detenuto trovato impiccato in cella

Gli agenti: «Niente medici di notte» L’uomo diede fuoco all’Agip di Rovereto. Il Sappe: «Carcere, emergenza personale»

TRENTO «Un detenuto che si toglie la vita in carcere è sempre una sconfitta per lo Stato». Le parole di Donato Capece, segretario generale del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) danno il senso di quello che sta vivendo il personale del carcere di Trento, dell’amarezza e dell’impotenza degli agenti della polizia penitenziaria in servizio a Spini, un edificio modernissimo, aperto solo sette anni fa, ma che paga la cronica carenza di personale. La scorsa notte c’era un solo agente per coprire quattro posti di servizio. Non c’era alcun medico o infermiere. La cella dell’infermeria dove era detenuto il trentacinquenne Luca Soricelli, della Bassa Vallagarina era stata controllata da poco. Il tempo di finire il giro di verifiche, ma quando l’agente è tornato ha trovato l’uomo impiccato al cancello della cella. La chiamata disperata ai sanitari del 118 e i tentativi da parte del personale in servizio di rianimare il trentenne non sono bastati a salvarlo. Per lui non c’era purtroppo nulla da fare.

L’uomo (di cui omettiamo il nome per rispetto della famiglia ndr) era stato arrestato lunedì notte dai carabinieri per l’incendio appiccato al distributore di benzina di via Cavour a Rovereto. Un gesto di follia. Quando i carabinieri lo avevano fermato l’uomo era stato trovato in stato confusionale e poco lucido. Il trentacinquenne pochi minuti prima aveva pagato di tasca propria 150 euro di benzina, poi aveva cosparso il carburante le pompe di benzina del distributore Eni-Agip e aveva appiccato il fuoco. Le fiamme in una manciata di secondi avevano giù lambito le due pompe ed erano arrivati fino al tetto della pensilina. Era stato uno dei gestori, che abita poco distante, il primo ad accorrere, nel cuore della notte, per tentare di spegnere con l’estintore l’incendio. Ha scaricato sei estintori sulle fiamme, poi l’intervento dei vigili del fuoco aveva scongiurato il peggio, ma i danni sono comunque ingenti. Nella prima stima si era parlato di circa 80.000 euro.

L’uomo, che pare abbia alle spalle da anni problemi di natura psicologica, non aveva saputo giustificare il suo gesto neppure davanti al giudice Carlo Ancona durante l’udienza per direttissima. Non aveva proferito parola. Per lui si erano aperte le porte del carcere. Il medico che l’aveva visitato aveva infatti ritenuto le condizioni del trentacinquenne compatibili con il regime carcerario. Era stato portato a Spini di Gardolo e messo nella cella dell’infermeria insieme ad un altro detenuto, ma l’uomo non ce l’ha fatta. Tre giorni dopo il suo ingresso nella casa circondariale, colto dalla disperazione, ha deciso di farla finita. Una tragedia immensa che ha colpito tutti ieri. «Un dramma che deve far riflettere» commentano i sindacati di polizia che in una nota unitaria dell’Uilpa, Sinappe, Fns Cisl, Uspp, Cgil, al Provveditorato regionale un intervento urgente e il distacco di 20 agenti da destinare al carcere di Trento, da tempo sotto organico.

I detenuti a Trento attualmente sono 337 a fronte di un organico di 214 agenti, ma gli effettivi sono di fatto sono solo 108 e di questi molti vengono impiegati per i piantonamenti all’ospedale. Il Sappe parla di una vera e propria «emergenza».

La scorsa notte doveva esserci qualcuno a sorvegliare il trentacinquenne, ma l’agente incaricato doveva coprire quattro posti contemporaneamente. Pochi minuti di assenza e la tragedia. È il terzo suicidio in sette anni che accade nel carcere di Trento. «Quanto accaduto ci deve far riflettere» commenta il consigliere provinciale del Pd Mattia Civico che ha presentato un disegno di legge per istituire la figura del garante del detenuto a Trento, una proposta che dovrebbe andare in commissione consiliare nei prossimi mesi. «È una battaglia che porto avanti da sette anni — spiega — al di là del caso specifico bisogna rendere il carcere un luogo aperto, va reso una parte della comunità, ci vogliono strumenti, risorse e sguardi positivi, altrimenti diventa un luogo di disperazione e invece deve essere un luogo di rinascita».

Intanto sul caso scoppiato nei giorni scorsi e sulle accuse del garante nazionale dei diritti dei detenuti contenuti in un rapporto nel quale viene denunciata la presenza di una «stanza delle percosse», la Procura, che dopo l’esposto aveva aperto un’indagine, ha chiesto l’archiviazione del fascicolo, ritenendo le accuse infondate. Ma il garante ha presentato opposizione al decreto. Ora si attende l’udienza davanti al gip.

Scarica il pdf: detenuto-art-181216