Emergenza Coronavirus. CGIL CISL UIL: “Sospendere le attività non essenziali” I sindacati bocciano le linee guida su salute e sicurezza sul lavoro pubblicate dalla Provincia. “Vanno accolte le nostre richieste e le indicazioni definite dal Protocollo firmato oggi a Roma”

Sospendere velocemente per alcune settimane le attività economiche non essenziali e concentrarsi sull’emergenza sanitaria in atto anche in Trentino. Continua ad essere questa la richiesta di Cgil Cisl Uil del Trentino alle associazioni datoriali e alla Provincia ai quali, nei giorni scorsi i sindacati avevano ribadito che, se davvero restare a casa è la misura più utile per ridurre l’emergenza sanitaria, prima si chiudono le attività non essenziali, prima ripartirà anche l’economia locale. Per le confederazioni trentine poi bisogna occuparsi prima possibile della gestione in totale sicurezza delle produzioni e dei servizi che dovranno restare aperte: il personale occupato nei settori di logistica, reti, farmaceutica e medicale, pulimento, agroalimentare, distribuzione e servizi pubblici essenziali va messo in totale sicurezza dotandole di tutti i dispositivi utili a prevenire il contagio così da scongiurarne la chiusura per l’eventuale diffusione tra la forza lavoro di Covid-19.

Fino a quando le imprese restassero aperte, il principio resta quello di massima precauzione: o si lavora in sicurezza o si chiude. Tra l’altro questo principio da domani dovrà valere in tutta Italia, sulla base del protocollo firmato stamattina tra sindacati e associazioni datoriali, ma a quanto pare non in Trentino. Piazza Dante, non accogliendo le osservazioni e le proposte di integrazione di Cgil Cisl Uil provinciale avanzate ieri al Tavolo di coordinamento salute e sicurezza, e senza coordinarsi con il nuovo protocollo nazionale, conferma la validità delle linee guida emanate giovedì sera dagli assessorati allo sviluppo economico e alla salute. Per i sindacati trentini si tratta di un documento ancora insufficiente a fronteggiare il rischio contagio nei luoghi di lavoro. “Per noi il testo licenziato, ma non condiviso dal Tavolo di coordinamento provinciale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro non ha valore. Pretendiamo l’applicazione del protocollo nazionale – tuonano i responsabili salute e sicurezza di CGIL CISL UIL del Trentino, Manuela Faggioni, Milena Sega e Alan Tancredi -. Evidentemente la Provincia di Trento, che pur sta facendo moltissimo per fronteggiare l’emergenza coronavirus, sembra mettere in secondo piano quello che accade nei luoghi di lavoro. Per noi questo è inaccettabile”.

Cgil Cisl Uil bocciano il metodo e i contenuti del testo che dovrà definire le linee guida da tenere sui luoghi di lavoro di fronte all’emergenza contagio. “Ci è stato presentato un documento praticamente inemendabile e mai condiviso con le organizzazioni sindacali che ricordiamo alla giunta rappresentano i lavoratori – insistono –. E quando abbiamo presentato le nostre osservazioni gli assessori Spinelli e Segnana si sono impegnati a recepirle anche alla luce di quanto si stava discutendo a Roma. Impegno che si è vanificato nell’arco di 24 ore”.

Al tavolo con Provincia, Azienda Sanitaria, Uopsal e associazioni datoriali, Cgil Cisl Uil avevano posto alcuni punti fermi: si continua a lavorare solo in quei contesti in cui sono garantite tutte le norme di prevenzione dal contagio; si sospende l’attività per sanificare gli ambienti, si sospende la produzione per modifiche organizzative che assicurino la tutela della salute e in tutti quei posti di lavoro dove, nonostante ogni sforzo, non si possono garantire le misure di contrasto del contagio, si chiude subito. Si assicura massima attenzione al personale che opera nelle attività economiche e di servizi che resteranno aperti perché essenziali e di pubblica utilità. Si fa ricorso a integrazioni salariali in caso di sospensione temporanea o riduzione delle attività.

“Abbiamo avanzato proposte ragionevoli e coerenti a quanto è stato previsto a livello nazionale. La tutela della salute vale più di ogni altro fattore. E’ una scelta di campo per noi nettissima. La Provincia decida da parte stare”, rincarano Faggioni, Sega e Tancredi.

In molti posti di lavoro mancano i dispositivi di protezione individuale e trovarli non è facile, come ha confermato lo stesso dirigente del Dipartimento Salute della Pat. “Ci sono poche risorse e pochi mascherine chirurgiche. Vanno date ai lavoratori e alle lavoratrici che sono impegnati nei servizi essenziali. In tutti gli altri settori, se non si può lavorare in sicurezza, ribadiamo che si deve chiudere”, concludono.

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