20 maggio 2021 –  Corriere del Trentino

Hotel in crisi, il leaseback non funziona: ecco due proposte

Ho letto con sorpresa la proposta di Ettore Zampiccoli che vede come soluzione per «salvare», o forse meglio «aiutare» il turismo trentino, la riproposizione di uno strumento attuato dalla Provincia ben oltre un decennio fa con luci e ombre. Facciamo subito un’autocritica come sindacato: a suo tempo tecnicamente digiuni rispetto a questo (all’epoca) nuovo strumento, si apprezzò soprattutto lo scopo di salvaguardia dei posti di lavoro, ma non si considerò che mantenere in vita, a spese dell’ente pubblico, aziende ormai «decotte» avrebbe solo ritardato o escluso i lavoratori dalla riqualificazione e dal reimpiego in attività e settori alternativi. Lo strumento proposto da Zampiccoli è quindi quello del leaseback, grazie al quale l’ente pubblico o un suo braccio operativo ricco di liquidità (Trentino Sviluppo o Patrimonio del Trentino), acquisirebbe la proprietà degli alberghi in difficoltà per poi ricederla agli stessi albergatori, anche a rate, per tornarne poi in possesso. Altrimenti la Provincia, o chi per essa, si tiene l’albergo a garanzia. In realtà lo strumento era già stato applicato in passato per i capannoni delle industrie in crisi e non sembra avere dato i frutti sperati. Alcune delle aziende in difficoltà sono rimaste problematiche, altre hanno delocalizzato ugualmente (Marangoni, Arcese) con buona pace dei lavoratori e della promessa di mantenimento in loco della relativa occupazione. In alcuni casi le aziende coinvolte non sono state neppure in grado di pagare le rate del leasing e tantomeno il riscatto finale del capannone.
Ma veniamo alle obiezioni che ci permettiamo di addurre se la Provincia dovesse decidere di accogliere la proposta di Zampiccoli. Gli alberghi trentini, anche grazie ai generosi contributi, sono spesso dei veri gioielli dell’accoglienza. Se l’albergatore si libera della proprietà, ne avrà ancora la medesima cura? Farà la manutenzione? E chi la paga? Se poi non paga le rate del leaseback, come agirà la Provincia (vedi altri immobili con storie travagliate quali Artigianelli, terme varie etc)? Li vende? A catene italiane o estere? E poi: chi stabilisce i valori di acquisto degli hotel? Quanto vale un albergo in crisi magari con lavori di ristrutturazione o adeguamento da fare? Chi fa le perizie del valore delle strutture? Gli stessi che fecero le perizie dei capannoni che in alcuni casi si rivelarono troppe generose? Inoltre come facciamo a tutelare l’eventuale investimento pubblico nella proprietà degli alberghi evitando che qualche albergatore prenda i soldi dalla Provincia e li «bonifichi» all’estero?
Come Uil proponiamo fin da subito che i soldi pubblici dati eventualmente agli albergatori siano versati su un conto corrente presso banche trentine (Mediocredito in primis) le cui somme siano adeguatamente «secretate» e prelevabili solamente per pagare gli stipendi dei lavoratori e le rate del leaseback. Non dimentichiamo inoltre che in molti casi gli albergatori sarebbero gli stessi a cui la Provincia ha già acquistato gli impianti di risalita pochi anni fa, evitando loro di dover sanare buchi economici o di indebitarsi accollandosene la manutenzione e il periodico ammodernamento. E ridando poi da gestire i medesimi impianti, a canone di affitto molto basso, alle stesse società di gestione degli impianti di cui sono soci gli stessi albergatori. Per tutto quanto detto sopra, lo strumento del lease back risulta oggi superato e non rappresenta più un meccanismo idoneo, in quanto troppo costoso da mettere in piedi e difficoltoso da gestire.
Sorge una domanda «politica» sui generis: molti settori sono in difficoltà, perché il leaseback solo per gli albergatori e i loro hotel? Perché non un leaseback per dare una risposta alla crisi dei panificatori o dei commercianti? Perché non un leaseback diffuso per tutti i «muri» dei negozi trentini? E vogliamo lasciare fuori le stalle e le malghe degli allevatori? Le campagne degli agricoltori in difficoltà, i ristoranti dei ristoratori in crisi? Va bene che al prossimo Festival dell’Economia si parlerà del «ritorno dello Stato» nell’economia, ma una Provincia «leghista» che si ispira a un modello economico stile Urss ci sembra fin troppo anacronistico e difficile da spiegare ai trentini. Soprattutto a tutti gli onesti contribuenti che pagano le imposte per avere servizi pubblici efficienti, che dovrebbero venire prima di ulteriori contributi a operatori economici dalla fedeltà fiscale piuttosto incerta. La Uil è comunque abituata a criticare certi tipi di operazioni ma, in maniera costruttiva, elaborando anche delle proposte. Eccone un paio: al posto del leaseback, sarebbe meglio valutare se rispondere con un aumento delle garanzie provinciali, tramite i consorzi e le cooperative preposte (Confidi e Cooperfidi), a tutte le categorie in difficoltà, ma in cambio di precise garanzie sul mantenimento dell’occupazione da parte delle aziende beneficiarie; se proprio bisogna comperare qualche immobile, che almeno la Provincia si limiti a coordinare la strategia e ci metta solo una quota minoritaria delle ingenti risorse finanziarie necessarie, creando piuttosto dei fondi specifici di investimento, dove altri soggetti finanziari, Sgr o investitori specifici di quel settore apportino la maggior parte dei capitali che servono e, soprattutto, la loro specifica capacità gestionale. Coinvolgendo magari anche le associazioni di categoria (industriali, imprenditori e commercianti in primis) sia dal punto di vista finanziario sia di responsabilità e garanzia. Tutto sempre cercando di minimizzare i costi e cercando di mantenere in Trentino ricavi e fiscalità.
* Segretario Generale Uil del Trentino

 

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