04 dicembre 2020 – Corriere del Trentino

Impianti sciistici: arroganza e ristori

All’ordine del giorno le chiusure degli impianti sciistici e delle strutture alberghiere in montagna, causa Covid. E dalle pagine dei giornali emerge chiaramente la consueta distinzione tra categorie «deboli», vittime economiche della pandemia, che hanno l’ardire di chiedere al governo e alla giunta provinciale una qualche forma di aiuto; mentre ce ne sono altre, «forti», forse perché spalleggiate addirittura dal collega albergatore e assessore pro tempore al turismo, che si sentono il diritto di alzare la voce. Talmente forte da inviare «indicazioni imperative» alle autorità di governo provinciale, con incredibili pretese su questi maledetti-benedetti ristori, avanzando proposte di riparto assai discutibili.

E allora, vista la timida ritrosia della giunta a porsi delle domande e a darsi delle risposte, tocca a noi sindacato, svolgere il ruolo di far emergere e mettere in luce alcune questioni.

Se come risulta da rilevazioni economiche e statistiche provinciali effettuate in passato gli utili conseguiti dalle strutture ricettive trentine sono bassi (ma gli albergatori sono ricchi), allora, secondo noi, i ristori pubblici è bene siano agganciati, sì con una certa percentuale, ai guadagni dichiarati, non certo ai fatturati. Se non altro per un principio di equità: non si spiega, altrimenti, come mai ci siano soggetti e categorie economiche che chiedono ristori in percentuale dei fatturati e altre categorie, in primis i lavoratori e le lavoratrici, che si devono accontentare della cassa integrazione o come i commercianti e i ristoratori che possono accedere solo a rimborsi fissi di poche migliaia di euro.

Noi siamo tra quelli che non dimenticano come la Provincia, pochi anni or sono, con un «investimento» di oltre 100 milioni di euro tramite Trentino Sviluppo, ha acquisito molti impianti di risalita in perdita, affittandoli poi agli stessi provetti gestori degli impianti, a un canone di affitto di favore. A oggi non è dato sapere se con tali ridotti ricavi dagli affitti, la società controllata dalla stessa Provincia riesca quantomeno a coprire i costi della manutenzione. Nell’attesa di un anche sintetico rendiconto, possiamo sicuramente affermare come una tale manovra abbia agevolato non poco gli impiantisti: minori costi di esercizio, maggiori margini di guadagno, nessuna utilità per i tanti cittadini che amano sciare, sicuramente minor soccorso finanziario da parte degli albergatori che beneficiano degli impianti aperti. Ragionamento simile per gli albergatori, che hanno sempre ricevuto dalla Piazza Dante significativi contributi per i lavori di ampliamento e ristrutturazione. In buona sostanza: giunta che vai, ristoro sostanzioso che trovi!

Ci pare, quindi, di arroganza estrema indicare addirittura il quantitativo — centinaia di milioni di euro — di ristori autonomamente pretesi dagli albergatori, ricchi e sovvenzionati da anni, e impiantisti, già agevolati anche loro da sempre. Anche perché, a detta dell’assessore, delle statistiche nazionali e locali e delle stesse categorie di rappresentanza delle imprese, lo scorso inverno era stato quello dei record, almeno fino ai primi di marzo; la stessa estate 2020 non è andata affatto male. Consideriamo inoltre che entrambe le categorie hanno molti costi variabili comprimibili o addirittura azzerabili, in primis quello dei lavori stagionali per i quali i ristori proposti sono sempre di «sussistenza».

L’attenzione del sindacato e dei governi oltreché, dobbiamo renderne atto, delle stesse categorie produttive, va quindi posta maggiormente sui lavoratori del settore, fissi e stagionali, che poco supportati pare oggi dai ristori nazionali, necessitano di supporto anche da parte della Provincia. Le risorse per dare loro una risposta sono molto minori, ma permetterebbero di sostenere migliaia di lavoratori e lavoratrici che se la passano sicuramente peggio di albergatori e impiantisti che invece possono tranquillamente sopportare qualche settimana di stop.

Un tempo lo chiamavano «rischio di impresa»: quel rischio, connaturato alla complessa e ben remunerata attività ricettiva, che in Trentino sembra non si voglia assumere. Almeno non da tutti.

* Segretario Generale Uil Trentino

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