26 agosto 2020 – Trentino

Inps, nella black list 27 aziende trentine

Cassa integrazione Covid. Il caso provinciale sollevato dal “Trentino”. L’ente di previdenza, dopo una serie di controlli ha stilato un elenco di imprese che sono a rischio di frode. La notizia delle verifiche è stata pubblicata dall’Huffington Post

TRENTO. Sono 27 le aziende trentine inserite in una speciale black-list a seguito di un’indagine dell’Inps sui “furbetti” della cassaintegrazione Covid, dei quali il Trentino aveva dato notizia a fine luglio raccontando la storia di un giovane lavoratore costretto, insieme ai colleghi, a continuare a lavorare full-time da casa ma messo formalmente dall’azienda in cig.
L’ente nazionale di previdenza, a seguito di una serie di accertamenti, ha dunque stilato un elenco di imprese a rischio frode rispetto alla richiesta e all’ottenimento della cassa integrazione Covid. Ne dà notizia l’Huffington Post, specificando che queste aziende sono state ora bloccate dall’Istituto e sono sottoposte a una serie di accertamenti, mentre le sedi locali avranno il compito di avviare un’istruttoria per respingere definitivamente la richiesta dell’ammortizzatore sociale.
A quanto emerge dall’indagine avviata dall’Inps, far lavorare i propri dipendenti in smart-working come sempre beneficiando però dei contributi Covid non è l’unico stratagemma adoperato: nella black-list vi sarebbero infatti anche aziende segnalate per assunzioni retroattive ma anche fittizie, e vi sarebbero anche aziende stesse nate dal nulla e create esclusivamente per beneficiare degli aiuti dello Stato. Imprese quindi nate appositamente per ottenere la cassa integrazione e, a quanto risulta, riferite a settori incompatibili con il lockdown.
Nelle scorse settimane Maria Luisa Gnecchi, l’ex deputata bolzanina voluta dal premier Conte alla vicepresidenza dell’Inps, aveva stigmatizzato casi di questo genere: «Si tratta di una truffa. Anzi, di un vero e proprio furto di denari pubblici. È come rubare soldi alla sanità, anzi peggio perché in questo caso il dolo è persino maggiore». Passata l’emergenza Covid, l’istituto ha evidentemente potenziato i controlli su questo aspetto preciso, giungendo poi a formulare un elenco di imprese da attenzionare.
Il nuovo “decreto agosto” ha poi in qualche modo corretto i criteri di erogazione dell’aiuto, in modo da disincentivare i furbetti: le aziende che non hanno avuto cali di fatturato o li hanno avuti in misura inferiore del 20 per cento dovranno pagare parte della Cassa integrazione Covid. Gli imprenditori senza scrupoli che per tutti i mesi del lockdown hanno messo in cassa i propri dipendenti, ma hanno continuato a farli lavorare con mille stratagemmi sfruttando lo smart working, vengono quindi messi sullo stesso piano degli altri.

Scarica il pdf: CIG ART 260820