15 luglio 2020 – Trentino, Corriere del Trentino
La Uil: «Cassa durante il lock down, persi 81 milioni di euro»
La cassa integrazione forzata durante il periodo di lockdown di aprile e maggio ha causato una perdita di 80 milioni di euro. Lo dice un’indagine condotta dalla Uil che stima un alleggerimento degli stipendi fino al 37%. Sono invece 8mila le domande di contributi a fondo perduto.
Gli effetti sull’economia dei lunghi mesi di lockdown sono sotto gli occhi di tutti. Ma quanto ha pesato il Covid-19 sulle buste paga? A livello nazionale nelle tasche dei dipendenti, che a causa della pandemia sono stati posti in cassa integrazione a zero ore, mancano 4,8 miliardi di euro, al netto dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali. Il dato è relativo ai mesi di aprile e maggio. Per il Trentino Alto Adige la «sforbiciata» vale 80 milioni di euro (il primato per la maggior perdita sulle retribuzioni nette spetta alla Lombardia con 1,2 miliardi). Numeri importanti che peseranno sui bilanci.
Lo svela un’indagine condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil che ha misurato l’impatto della cassa integrazione forzata. In Trentino Alto Adige ha coinvolto 81.094 dipendenti (52.726 in ordinaria, 28.302 al fondo di solidarietà, 7 in deroga), tutto questo ha portato a una perdita complessiva di 41 milioni e 757.729 euro per il mese di aprile e 37 milioni e 763.057 euro per il mese di maggio, per un totale di quasi 80 milioni di euro. Per quanto riguarda invece le ore di cassa integrazione autorizzate nei mesi di maggio e aprile in regione sono state pari quasi a 28 milioni. Ma quanto hanno perso i lavoratori durante il pieno lockdown? Secondo l’analisi della Uil, tra riduzione dello stipendio e minori rate relative alla tredicesima e quattordicesima, in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente del 18-37% a seconda del reddito. La maggior parte dei lavoratori che durante la pandemia sono stati costretti alla cassa integrazione sono persone impiegate nei settori del commercio, turismo e ristorazione, ma anche fabbriche. La Uil ha fatto un calcolo anche sugli stipendi dei singoli lavoratori che hanno subito in media una decurtazione di circa 444 euro al mese. Un esempio: un dipendente a tempo pieno con una retribuzione annua di circa 17.285 euro (1.440 euro mensili) in cassa integrazione a zero ore per due mesi perde circa 889 euro netti, mentre un dipendente part-time con una retribuzione netta annua di 10.005 euro (834 euro al mese) perderebbe 290 euro netti (145 euro mensili).
«Una cameriera a tempo pieno che lavora in un ristorante in zona prende 1.100 euro di stipendio al mese e di cassa integrazione ha preso 800 euro, questo significa riuscire a pagare l’affitto di casa e la spesa, nient’altro», commenta Walter Alotti, segretario generale della Uil del Trentino. «A tutto questo aggiungiamo il fatto — continua — che moltissimi lavoratori non hanno ancora ricevuto nulla del mese di maggio e siamo a luglio». Il problema è anche il tetto massimo imposto per il calcolo del sussidio. Per legge attualmente è previsto un tetto massimo di 998,18 euro lordi mensili per le retribuzioni interiori o pari a 2.159, 48 euro e di 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro. Ciò significa che se una persona prende uno stipendio di 2.200 euro potrà beneficiare del sussidio fino a un massimo di 1.199 euro. «Serve una riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali con una revisione e rivalutazione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione», commenta la segretaria confederale nazionale della Uil, Ivana Veronese. Ma Alotti se la prende con Piazza Dante: «I lavoratori hanno pagato un prezzo molto alto a causa del lockdown e la Provincia ha messo sul tavolo 15 milioni, fondi solo per le imprese. Bolzano ha fatto qualche sforzo in più, ma nella sostanza si è pensato solo agli imprenditori».
Un aiuto per alle imprese è arrivato anche dal contributo a fondo perduto, cioè senza alcun obbligo di restituzione, previsto nel Dl Rilancio del governo Conte. Spetta in particolare ai titolari di partita Iva, le imprese, i lavoratori autonomi e le cooperative, purché il fatturato nell’ultimo periodo di imposta sia inferiore ai 5 milioni di euro e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile sia inferiore ai due terzi dello stesso mese dell’anno precedente. In Trentino sono state presentate 8.005 richieste da parte di 7.848 contribuenti. A 5.582 di questi l’Agenzia delle Entrate ha accreditato sul conto corrente 20 milioni e 692.883 euro. «È un aiuto, ma le grosse imprese per le quali la ripresa è molto difficoltosa e hanno subito pesanti cali, parlo soprattutto degli esercizi pubblici, delle strutture alberghiere e della ristorazione, sono scoperte», spiega Giovanni Bort, presidente della Camera di Commercio. «È un contributo che va bene per le micro imprese — continua — per le aziende un po’ strutturate questa iniezione di denaro è relativa non è certamente sufficiente per compensare il danno avuto.Le aziende penalizzate sono state circa 25mila. Il problema maggiore sono le medie imprese, il ristorante, il negozio, l’artigiano e la piccola industria. In queste circostanze la cifra in termini assolti irrilevanti».
Scarica il pdf: CIG ART 150720 3
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