La Uil su Dolomiti Energia: un progetto pericolosamente in attesa, con quale futuro?

 

Non si ha ancora la benché minima notizia di quelle che dovrebbero essere le linee strategiche che dovranno cercare di dare una svolta gestionale alla sempre più immobile DE. Neppure la campagna elettorale, già iniziata da parte di entrambi i litigiosi schieramenti, e da cui DE rimarrà desolatamente fuori, sembra sarà caratterizzata da argomenti strategici per il Trentino, ma piuttosto dalle solite battaglie ideologiche (la scorsa volta erano stati protagonisti gli stranieri che infestavano le valli, questa volta lo saranno gli orsi).

Sperare solo che piova più dello scorso anno, per poter far alzare il livello dell’acqua nelle dighe e nei torrenti trentini e aumentare la produzione di energia elettrica, sembra più la “strategia dello sciamano” che quella di politici e manager pubblici che dovrebbero interrogarsi sugli errori fatti e sulle azioni da compiere.

Il confronto con le altre aziende energetiche italiane e altoatesine è impietoso. Se il Calcio Trento è riuscito almeno a salvarsi, per DE siamo sempre  in attesa di un nuovo allenatore e di una nuova regia che la faccia uscire dal pantano.

Il margine operativo lordo rapportato al fatturato (quello che i tecnici chiamano EBITDA, indice che esprime la capacità gestionale operativa effettiva), uno dei parametri maggiormente attenzionato dagli investitori (quelli veri, non i soci sempre assetati di dividendi) trova DE ad un valore del 5,86%. Il valore è ben al di sotto del 7,53% di Alperia e lontanissimo dai valori superiori al 10% dei maggiori operatori nazionali (con ACEA al 25,4%).

Se poi confrontiamo il rapporto dei dividendi che saranno distribuiti con il valore di mercato delle azioni (per DE, non essendo ancora quotata, bisogna tenere per buono il valore di 2,35 euro per azione a cui La Finanziaria Trentina ha venduto al fondo Equitix) allora se saranno distribuiti 0,10 euro per ogni azione parliamo di un rendimento del 4,25%. Anche in questo caso DE si piazza ben al di sotto dei concorrenti italiani (A2A, Acea, Iren), la maggior parte dei quali sopra il 6%.

Sembra quasi che la strategia di DE sia quella di avere risultati scarsi, peggiori degli altri competitors sul mercato, per rendersi meno attrattiva verso possibili investitori che invece sarebbero indispensabili per poter avviare quelle politiche di rinnovo e potenziamento degli asset verso un maggior apporto da parte delle energie rinnovabili, che finora non è mai iniziato. Forse in primis gli attuali soci pubblici, sempre bisognosi di milioni di dividendi per far stare in piedi i loro bilanci comunali, non hanno ancora capito che, se non continuassero a guardare solo al breve termine, l’avere nuovi capitali apportati da nuovi soci “più capaci” e cambiando marcia nella gestione, porterebbe anche maggiori utili e dividendi nelle loro casse comunali.

In alternativa, se proprio non si vuole “rischiare” di perdere potere (e careghe) nella gestione di DE, i soci pubblici potrebbero valutare di aumentare il capitale sociale e, di conseguenza gli investimenti sul territorio, o di rivolgersi ai risparmiatori trentini che, anche per amor di patria (ora tornata di moda nel linguaggio popolare), sarebbero disposti ad investire in DE per finanziare quelli investimenti che potrebbero portare ad una diminuzione delle tariffe energetiche per famiglie e imprese. Anche se comunque passasse questa idea, rimarrebbe il problema del management, comunque da rinnovare in fretta.