l’Adige, Il T, Corriere del Trentino – Sabato 29 Marzo 2025

Metalmeccanici, 700 trentini in piazza

 

Guarda (Fiom): «Le aziende ci ascoltino, non firmeremo mai la riduzione dei salari»

La protesta Operai sotto la sede di Confindustria per chiedere il rinnovo del contratto nazionale col recupero dell’inflazione. Moser (Uilm): «Si deve partire dalla nostra piattaforma di richieste, controproposta insufficiente»

di Massimo Furlani

Erano circa 700 i metalmeccanici che ieri mattina, in occasione del terzo sciopero nazionale ravvicinato proclamato dalle sigle sindacali Fiom, Fim e Uilm, si sono radunati davanti ai cancelli della sede di Confindustria di palazzo Stella, per protestare e chiedere a Federmeccanica la riapertura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale: «Quello che oggi lavoratrici e lavoratori stanno mettendo in campo è un esercizio democratico da non dare per scontato – spiega Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale del comparto automotive della Fiom – Il Trentino è un territorio dal tessuto industriale e manifatturiero molto importante in tutti i settori. La nostra prima richiesta è quella legata al salario, a un adeguamento che permetta di recuperare un potere d’acquisto che in questi anni si è perso: speculazione, inflazione e mancata ridistribuzione della ricchezza hanno determinato un impoverimento di chi lavora. Servono risposte importanti da questo punto di vista per garantire dignità a queste persone e alle loro famiglie. Attraverso il nostro lavoro noi dobbiamo realizzarci, lo dice la Costituzione, e per farlo dobbiamo partire da una condizione economica stabile».

Il corteo è partito da via Degasperi verso le 10, svoltando poi in via Fermi per tornare infine sempre a palazzo Stella da viale Verona. Circa un’ora di sfilata, prima degli interventi dei diversi esponenti delle sigle provinciali e da Bolzano che hanno rilanciato sulle richieste a Federmeccanica: «Continueremo nella nostra lotta finché non sarà chiaro che si deve partire dalla nostra proposta, dalla nostra piattaforma – attacca Willy Moser, segretario Uilm – L’abbiamo discussa, motivata e votata tutti assieme come sindacati, e nonostante questo non è stata presa in considerazione. Una piattaforma rivoluzionaria, che guarda al futuro in un modo che nessuno sembra voler fare in questo paese. Chiediamo di andare oltre l’inflazione che si è mangiata tutto il nostro potere d’acquisto: stimolare i consumi con dei salari adeguati è l’unica strada percorribile per risollevare l’economia di questo paese in uno scenario internazionale drammatico».

Marco Bernardoni, segretario della Fiom altoatesina, ribadisce ai presenti l’importanza di rimanere uniti per portare avanti le richieste a Federmeccanica: «Dobbiamo portare a casa questo contratto, farlo velocemente e battere un colpo secco – dichiara – La controproposta di Federmeccanica non è sufficiente. Loro non avranno pietà di noi, non gliene frega niente se non arriviamo a fine mese e abbiamo problemi con mutui e pagamenti: loro guarderanno solo i loro dividendi, per questo dobbiamo rimanere compatti e proseguire nella nostra battaglia».

Un appello rinnovato anche dal neo segretario Fim Paolo Cagol e da Michele Guarda, segretario Fiom provinciale: «Oggi, stando ai dati che abbiamo in Trentino, le produzioni sono ferme in gran parte delle aziende – commenta – Oggi non prendiamo salario noi, ma non guadagnano niente nemmeno loro, perché senza il nostro lavoro diventiamo tutti uguali. Non firmeremo mai per la riduzione dei salari: le aziende hanno bisogno di noi per fare i loro guadagni, che ci ascoltino».

Fra i vari interventi spazio anche al caso della Dana, l’azienda americana che sta spostando la sua produzione da Rovereto al Messico: «Oggi siamo di nuovo in sciopero per il contratto nazionale e per chiedere alla politica un intervento chiaro su ciò che sta accadendo – dichiara Marco Versini, delegato Fiom della sede di Arco dell’azienda – Federmeccanica non vuole darci niente, dice di averci dato già troppo con l’ultimo rinnovo e scarica ogni responsabilità sull’inflazione in corso. Alzare i prezzi e abbassare i salari equivale a sfilare soldi dalle nostre tasche e condannare l’Italia al declino».

 

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