29 settembre 2017 – Trentino, Corriere del Trentino

«A pagare non possono essere i lavoratori»

Cgil, Cisl e Uil: «Da una parte si incentiva la contrattazione, dall’altra si taglia. Manca chiarezza»

Scoppia il «caso partecipate». Dopo due anni e mezzo di trattative per arrivare a un contratto unico, visto il muro dei sindacati la Provincia ha stabilito: stop agli integrativi dal 31 dicembre 2017. Durissima la reazione di Cgil, Cisl e Uil: «È un atto grave, siamo pronti a mobilitare i lavoratori». E la Funzione pubblica della Cisl rincara la dose: «Valuteremo con i nostri legali le azioni da intraprendere».

La spaccatura arriva dopo molti mesi di trattativa. Piazza Dante intende uniformare la contrattazione di primo livello di tutte le sue partecipate: Cassa del Trentino, Informatica Trentina, Itea, Patrimonio del Trentino, Trentino Network, Trentino Riscossioni, Trentino Sviluppo, Trentino School of management, Fondazione Franco Demarchi, Fondazione Museo Storico, Fondazione Degasperi. In tutto oltre 600 dipendenti, che attualmente sono inquadrati in molti diversi contratti nazionali: metalmeccanici (la metà), terziario, bancari, telecomunicazioni, Federcasa, autonomie locali. La Provincia ha proposto un nuovo contratto, che assomiglia in parte al quello del terziario e in parte a quello delle autonomie locali. A sentire i sindacati non ha lasciato spazio a trattative, così un po’ alla volta tutti si sono sfilati: in primis la Fim Cisl, seguita da altre categorie, per finire con la presa d’atto della «mancanza di condizioni per proseguire» da parte delle segreterie generali di Cgil, Cisl e Uil. Alla minaccia di Piazza Dante di disdire gli integrativi (che solo per la parte economica posso significare dai 500 ai 3000 euro all’anno), i sindacati non hanno creduto. L’altro ieri è arrivata però la lettera.

«La scelta di revocare tutti i contratti di secondo livello per i lavoratori delle società partecipate è un atto grave e di fronte al quale non resteremo immobili. Non è certamente con azioni unilaterali di questo tipo che si possono porre le premesse per costruire soluzioni condivise» affermano Franco Ianeselli (Cgil), Lorenzo Pomini (Cisl) e Walter Alotti (Uil).

«Aspetti positivi quali la mobilità tra le varie società e la definizione di regole omogenee e condivise per tutti non possono certamente essere ottenuti facendo pagare uno scotto ai lavoratori — proseguono i tre segretari —. Questa mossa, invece, lascia intravedere un alone punitivo, che non possiamo in nessun modo condividere. Ci muoveremo per tutelare i lavoratori delle partecipate in tutti i settori e, se sarà necessario, siamo pronti alla mobilitazione». Il primo passo è la richiesta di un incontro urgente con il presidente Ugo Rossi. «Sulla base dell’esito di questo confronto, adotteremo tutte le misure che riteniamo più idonee per tutelare i lavoratori», concludono.

«Letteralmente furibondo» si dice il segretario Fp Cisl Giuseppe Pallanch: «Quella della Provincia è un atto grave. Primo impongono l’aut-aut, cioè prendere o lasciare, e poi operano un taglio trasversale sugli stipendi dei lavoratori». «È estremamente preoccupante — continua Pallanch — l’atteggiamento dell’amministrazione che non ha voluto trovare nessuno confronto politico con le sigle sindacali. Difficile per le parti sociali accettare un contratto unico che vede tagli oltre il 10% degli stipendi, oltre un indebolimento unilaterale delle tutele».

La lettera firmata lo scorso 26 settembre dal direttore generale Paolo Nicoletti e dal dirigente Luca Comper apre una serie di altre questioni. In primis il riferimento alla delibera 2288 del 2014: il documento parla di allineare i costi alla sostenibilità del bilancio, non di «disdetta o recesso dai contratti diversi dal primo livello» come scritto nella lettera. Nel 2016 con questo mezzo si operò una riduzione dell’integrativo, l’interpretazione volta alla disdetta sembra troppo estrema. «Per questo stiamo verificando con i nostri legali» riferisce Luciano Remorini della Fim Cisl. Altra questione: molti contratti non si possono bloccare a fine anno, sono validi fino a scadenza oppure fino all’entrata in vigore di un nuovo accordo. Che significato ha il 31 dicembre? A detta di tutti la decisione della Provincia è una «prova di forza» per costringere le parti sociali a trattare, ma la disdetta degli integrativi finirà per moltiplicare i tavoli, perché si apriranno vertenze in ogni singola azienda, con una ventina di sindacati nel complesso (fra categorie, confederali e autonomi). Ancora, sommessamente, non si può ignorare che così facendo Piazza Dante colpisce personale che si può immaginare abbia buoni appoggi: non è da tutti trovare un posto in una società partecipata. Nel bel mezzo dell’anno elettorale la mossa potrebbe anche essere controproducente. Infine su tutto c’è l’enorme difficoltà di omologare contratti così diversi:per molti chiedere ad esempio a chi ha un contratto di bancario di rinunciare alle sue tutele sembra pura follia.

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