l’Adige – 01 maggio 2024

Primo maggio. Per un lavoro attento ai giovani

La Festa delle lavoratrici e dei lavoratori riguarda tutti noi perché il lavoro in Italia – e il Trentino purtroppo non fa eccezione – soffre di tanti mali: la carenza di sicurezza, la precarietà, gli stipendi troppo bassi. C’è una questione, però, che li tiene tutti: i giovani.
Le ragazze e i ragazzi, purtroppo, vivono sulla loro pelle tutte le incoerenze, le mancate scelte e le contraddizioni di questo nostro tempo strano, in cui i giovani sono sempre meno, sempre meno protagonisti sono i loro bisogni e sempre più fievole è la loro voce. È difficile non cadere nella tentazione di etichettarli. Distratti, viziati, troppo fragili o troppo violenti, sconnessi dalla vita reale. Salvo poi, retoricamente, ricordarci che i giovani sono il futuro della nostra comunità.
È tempo quindi di comprendere che sono prima di tutto il nostro presente. Mettere al centro delle azioni il loro benessere dovrebbe diventare una priorità. Perché non possiamo far finta di non vedere che esiste una vera e propria «questione giovanile».
A partire dal problema occupazione: in Trentino i livelli di disoccupazione si attestano intorno al 3%, prossimi alla soglia fisiologica. Il tema è che tipo di lavoro trovano i nostri ragazzi. Spesso occupazioni precarie, pagate male. Occupazioni per le quali sono sovra-istruiti.
Una situazione che cozza con la realtà di giovani colti, aperti al mondo, desiderosi di trovare realizzazione nelle loro aspirazioni. La nuova generazione è la più istruita della storia della nostra Autonomia. Una ricchezza di competenze, professionalità e cultura che dovremmo essere in grado di capitalizzare per rafforzare la nostra comunità, e che invece lasciamo ci sfugga tra le mani.
La nostra università forma ottimi laureati. Molti di questi lasciano il Trentino. Lo fanno perché le condizioni di realizzazione professionale sono migliori fuori dai nostri confini: le retribuzioni sono più alte, migliori le prospettive di carriera, minore la precarietà e maggiori le misure di welfare e le possibilità di conciliare vita e lavoro. Queste sono le stesse ragioni per cui molti altri giovani, italiani e stranieri, non vengono in Trentino. Un meccanismo che, se non proviamo ad invertire, determinerà il declino del nostro territorio.
La nostra provincia deve tornare ad essere un posto dove si ha l’ambizione di vivere e costruire il proprio futuro.
Da dove ripartire dunque? Sicuramente dal tema dei salari. I giovani trentini tra i 19 e i 34 anni hanno retribuzioni lorde più basse di quasi il 20% dei cugini altoatesini.
Quel che è preoccupante, però, per il Trentino è notare che in provincia di Bolzano i giovani hanno subito migliori prospettive di carriera: oltre San Michele nella fascia d’età tra 29 e 34 anni il loro reddito mediano è più alto di quello di tutti i lavoratori altoatesini, da noi questi accade oltre la soglia della gioventù.
Bassi salari si accompagnano molto spesso ad elevata precarietà. Il nostro resta uno dei territori con il più alto tasso di contratti instabili. Quindi non si può affrontare la questione salariale se non si decide di mettere in discussione la precarietà del lavoro.
Il Trentino ha più di una carta da giocare su questo terreno. A cominciare dal superamento del sistema di stage e tirocini. Chi ha già una qualifica, cioè diplomati e laureati, va inserito sul mercato del lavoro attraverso forme contrattuali adeguate che riconoscono anche giuste retribuzioni e giusti diritti. Allo stesso tempo vanno incentivati i contratti a tempo indeterminato, anche con sistemi premiali per le aziende che investono sulla continuità lavorativa dei propri dipendenti.
L’ingresso dei giovani sul mercato del lavoro è un tema che si lega a filo doppio anche con la questione istruzione. Non siamo favorevoli a piegare l’istruzione alle mere esigenze produttive delle aziende. La scuola è e deve restare un luogo di formazione delle persone, dove le competenze anche tecniche si intrecciano con le soft skills. Crediamo, però, si possa migliorare il modello trentino dell’alternanza scuola lavoro – che non ci ha mai visti contrari – investendo sulla strutturazione di un vero sistema duale per le ragazze e i ragazzi degli istituti tecnici e della formazione professionale, ma strutturando un sistema di tipo duale anche per l’università. Una scelta che funziona in Alto Adige e nei paesi tedeschi e che contribuirebbe a ridurre la distanza tra domanda e offerta di lavoro.
Parlare di istruzione ci obbliga a fare i conti anche con la questione degli abbandoni scolastici che si concentrano sulla scuola professionale. Oggi la scelta compiuta in terza media determina, in molti casi, quale sarà la posizione professionale delle donne e degli uomini di domani. Questo ci chiama ad uno sforzo in più sull’orientamento scolastico, ma soprattutto ad un investimento più incisivo sul piano dell’integrazione degli studenti stranieri, anche quelli di seconda generazione, che rischiano di non essere messi in grado di concludere positivamente il percorso di studi e raggiungere i più alti gradi di istruzione, limitando così la loro possibilità di diventare adulti in grado di poter disegnare il loro futuro.
Dunque se è vero come è vero che il futuro appartiene ai giovani, è tempo che desideri e bisogni di ragazzi e ragazze trovino ascolto, ora. A cominciare da noi sindacati, ma anche nella politica e nelle istituzioni. In Europa.
Questo Primo Maggio cade vicino alle elezioni europee. Vorremmo che nel prossimo quinquennio si costruisse un’Europa più attenta ai giovani, più giusta, più inclusiva.
Andrea Grosselli
Segretario generale della Cgil del Trentino
Michele Bezzi
Segretario generale della Cisl del Trentino
Walter Alotti
Segretario generale della Uil del Trentino

 

 

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