23 febbraio 2021 – Corriere del Trentino

Pubblici esercizi, rischio sblocco «Tremila persone licenziate»

Confcommercio: a rischio il 25% degli occupati. Alto Adige, 5mila imprese in difficoltà

TRENTO Poco più di 40 giorni separano il Paese dall’annunciato sblocco dei licenziamenti. Un provvedimento che prima ancora di essere attivato mette in allerta per il numero di rapporti di lavoro che porterà a chiusura. Più a rischio i posti di settori che hanno dovuto fare i conti con la sparizione del turismo e con le ripetute chiusure alle attività. E lo scenario che a livello nazionale è già stato rinominato tsunami occupazionale, a sentire i rappresentanti delle categorie non risparmierà il Trentino-Alto Adige.
Il presidente di Confindustria Trento Fausto Manzana parla di 10.000 posti a rischio (Corriere del Trentino del 14 febbraio). Un’ondata di contratti che in larga parte dreneranno dal settore del commercio, della ristorazione e dei pubblici esercizi, avverte il presidente di Confcommercio Giovanni Bort. «Con la scadenza del blocco dei licenziamenti e lo stop all’erogazione della cassa integrazione, molte aziende dovranno rivedere il numero dei propri dipendenti — chiosa Bort —. Dalla ristorazione ai pubblici esercizi, dal commercio agli alberghi, dai servizi agli organizzatori di eventi. Ci aspettiamo un consistente numero di licenziamenti. Se Roma opterà per una nuova proroga, ben venga, ma solo se sarà accompagnata dal mantenimento della Cig».
Il divieto di licenziare, a tutela dell’occupazione durante l’emergenza Covid, ha congelato per quasi un anno gli effetti della pandemia sui posti di lavoro. Sulle sorti dello stop, in scadenza il 31 marzo, dovrà decidere il neo ministro Andrea Orlando. Un dossier urgente nelle mani del nuovo governo Draghi, a cui i sindacati chiedono un’ulteriore proroga del divieto, fino a fine pandemia. Secondo le indagini nazionali Fipe, nella ristorazione e nei pubblici esercizi un lavoratore su 4 rischia di perdere il lavoro da fine marzo. «Nel contesto locale non cambia di molto, c’è un 25% di dipendenti che con lo sblocco verrà licenziato. Parliamo solo in questo settore di circa 3.000 persone», aggiunge Bort.
Di fronte al comparto del commercio in Alto Adige si addensano le stesse nubi. Mentre il settore del commercio al dettaglio alimentare ha tenuto, difficoltà maggiori si incontreranno sul fronte della moda e dei servizi. «Circa 5.000 imprese del commercio e dei servizi saranno sicuramente in difficoltà e dal 31 marzo avranno la necessità di rivedere l’organico dei dipendenti», la previsione del direttore dell’Unione commercio turismo e servizi, Bernard Hilpold. Ma il governo potrebbe valutare un nuovo slittamento del divieto. In tal caso, la categoria suggerisce un superamento differenziato, per lasciare che le aziende intraprendano il proprio percorso. «Ci sono ditte che in seguito alla crisi Covid hanno la necessità di rivedere l’assetto del personale e queste dovrebbero avere la possibilità di farlo — sostiene Hilpold —. In altri casi, si potrebbe proseguire con la cassa integrazione temporanea. L’importante è che lo stato se ne assuma i costi». Toni più rassicuranti sulla tenuta dell’occupazione vengono invece dall’industria altoatesina. «Non ci aspettiamo un’ondata di licenziamenti — chiarisce il presidente di Assoimprenditori Alto Adige, Federico Giudiceandrea —. Qualche difficoltà in più si riscontrerà nelle imprese legate alla filiera del turismo, come i produttori di impianti o le grandi falegnamerie che lavoravano per l’alberghiero. Ma in generale la manifattura altoatesina richiede figure altamente qualificate che le aziende eviteranno di lasciare a casa».

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