16 giugno 2017 – Trentino

Famiglie: crescono redditi consumi e depositi in banca

La ricchezza spinge gli acquisti: 2.700 euro al mese a Trento, 3.400 euro a Bolzano Aumentano i mutui per la casa. Basso divario sociale, mancano le professioni «alte»

Dopo il calo registrato nei cinque anni precedenti, più marcato in Trentino che in Alto Adige, tra il 2012 e il 2015 (ultimo anno con i dati Istat) il reddito delle famiglie è tornato ad aumentare (20.800 euro pro capite in provincia di Trento e 23.700 euro in quella di Bolzano, 17.800 in Italia), crescita confermata dalle stime sul 2016. I salari medi degli occupati nel settore privato (escluso il settore agricolo) si attestano sui 2 mila euro in Trentino e 2.200 euro in Alto Adige. Un aumento dei salari che traina i consumi e la ricchezza delle famiglie. A dirlo è il rapporto annuale della Banca d’Italia che fotografa le economie delle due Province, un quadro che vede l’economia trentina crescere mentre l’Alto Adige corre (Trentino di ieri).

Rispetto alla dinamica nazionale, il mercato del lavoro locale si distingue per una minore quota di contratti a tempo indeterminato, per una maggiore diffusione delle posizioni meno qualificate e una maggior quota di occupati giovani e donne. Sia Trento che Bolzano sono inoltre specializzate in settori caratterizzati da retribuzioni inferiori, in particolare costruzioni e turismo. Un dato, quello dei livelli professionali, che emerge anche dal confronto tra Trentino, Italia, Austria e Ue presentato a maggio dal sociologo del lavoro Emilio Reyneri (Università Bicocca) alla premiazione di Cgil, Cisl e Uil delle migliori lauree sul tema del lavoro: un Trentino dove l’occupazione di concentra prevalentemente su lavori manuali, meno su professioni intellettuali e manager (vedi tabella sopra).

«La maggiore crescita delle retribuzioni trentine rispetto alla media nazionale osserva la Banca d’Italia è il risultato di un generalizzato aumento dei salari che ha coinvolto le imprese di tutte le dimensioni, mentre solo una piccola parte è dovuta all’aumento di occupati delle imprese più grandi che mediamente pagano salari più alti». L’aumento dei redditi traina la spesa delle famiglie: nel 2016 più 4,3% in Trentino e più 4% in Alto Adige, una spesa media che tra il 2014 e 2015 si è attestata su 2700 euro al mese in provincia di Trento e 3400 euro a Bolzano (2500 euro in Italia), spesa che ha interessato soprattutto il mercato delle automobili.

Per quanto riguarda il divario sociale, emerge che la diseguaglianza del reddito (misurata dall’indice di Gini) è inferiore rispetto al resto del Paese: la quota di popolazione povera o socialmente esclusa (15% in Trentino nel 2014) è diminuita in misura maggiore rispetto alla media italiana. La ricchezza reale delle famiglie è costituita prevalentemente dal valore delle abitazioni, più alti del 42% rispetto alla media nazionale. Il 2016 si è chiuso con un più 9,2% dei depositi bancari, con una preferenza per gli investimenti a basso rischio.

La crescita più lenta in Trentino rispetto all’Alto Adige non sorprende l’economista Gianfranco Cerea: «Il punto di partenza è il rapporto che Bolzano ha con il mondo tedesco, agganciato a un’economia che tira. Il Trentino ha scelto di stare con l’Italia, dalla cui economia è influenzato, è una scelta culturale. Abbiamo imprese troppo piccole che esportano poco e un turismo più debole. In Trentino le politiche redistributive hanno mantenuto alti i livelli di occupazione e garantito un alto livello di coesione sociale negli anni della crisi. Ma se l’economia riparte avverte Cerea occorre ripristinare un regime di concorrenza. Cresce la complessità, crescono i costi fissi e imprese di 1-3 addetti non riescono a stare sul mercato. Difenderle è un accanimento terapeutico». Sulla stessa linea l’analisi di Franco Ianeselli, segretario della Cgil: «In Trentino abbiamo ridotto le disuguaglianze grazie a un solido welfare. La sfida è però combinare la coesione sociale con la crescita e per farlo occorre agire sulla struttura occupazionale che oggi è debole rispetto alle professioni elevate. Per questo noi insistiamo sulle politiche attive e l’apprendimento permanente».

Scarica il pdf: Bankitalia ART 160617