Il T – 23 agosto 2023

Scuola. A chiamata libera il 15% dei supplenti

Aspiranti docenti che non hanno ancora conseguito la laurea, giovani appena usciti dall’università ma che non hanno avuto la possibilità di iscriversi alle graduatorie, oppure che non hanno ancora raggiunto i crediti formativi (Cfu) necessari per l’insegnamento, oppure persone che si sono formate per una cattedra alle superiori ma che, in attesa del concorso, fanno richiesta per le medie o le elementari. È la galassia delle Mad, delle domande di messa a disposizione: l’aspirante docente invia la richiesta alle scuole e poi spera in una chiamata della segreteria. Si fa ricorso a questo bacino quando gli iscritti alle graduatorie di istituto non sono bastati. «Lo scorso anno le scuole trentine hanno assegnato il 15% delle supplenze tramite Mad», spiega il dirigente del Dipartimento istruzione della Provincia, Roberto Ceccato. Ed è molto probabile che la stessa percentuale si registri anche quest’anno.
Le attività didattiche riprenderanno lunedì 11 settembre. Per il prossimo anno scolastico (il T di ieri) la Uil Scuola ha stimato circa 1.500 supplenze annuali fra incarichi a tempo parziale (1.249) e incarichi a tempo pieno (circa 250). «In realtà — spiega Ceccato — le cattedre intere saranno anche più di 250 perché si libereranno altri posti in relazione al personale distaccato».
In questi giorni gli uffici provinciali del Servizio reclutamento sono al lavoro per dare il via, agli inizi di settembre, alla chiamata unica, ossia la piattaforma online che permette ai docenti iscritti alle graduatorie di istituto di indicare le preferenze. Poi in base alle disponibilità, la posizione in graduatoria e le preferenze espresse, un algoritmo elabora l’assegnazione dei posti. E al candidato arriva la proposta tramite sms. Ma gli insegnanti presenti nelle graduatorie sono sufficienti a coprire le oltre 1.500 cattedre vacanti? «Nelle graduatorie di istituto abbiamo circa 8.000 iscritti. Lo scorso anno si sono candidati in 3.200», riferisce il dirigente del Dipartimento istruzione. Potenzialmente, quindi, la copertura è garantita, ma non tutti accettano la proposta. Per arrivare al dunque, «lo scorso anno il 15% degli incarichi annuali è stato assegnato tramite Mad». Ossia a chiamata libera: ogni singola scuola riceve le proposte dagli aspiranti docenti e poi, in base ai titoli, comincia a chiamare per sondare le disponibilità. In particolare, le scuole sono costrette a fare ricorso alle Mad per le classi di concorso più carenti di insegnanti, «soprattutto le lingue e il sostegno», chiosa Ceccato.
La Mad è considerato uno strumento molto utile dalle scuole, ma a volte ha come effetto quello di portare in cattedra persone senza requisiti, senza una laurea, senza una minima preparazione pedagogica oppure, nel caso del sostegno, anche senza la specifica specializzazione. Va detto che ci sono anche casi di docenti che hanno i titoli per insegnare, ma che sono in attesa del concorso o della riapertura delle graduatorie di istituto. Le iscrizioni alle graduatorie saranno riaperte la prossima primavera.
Come anticipato, la maggior parte dei posti vacanti riguarda gli spezzoni, ossia gli incarichi annuali a tempo parziale. «Questi non sono assegnati dalla struttura provinciale, ma dalle singole scuole. Un sistema sicuramente discutibile — osserva Ceccato — Il governo Renzi aveva provato a cambiare il sistema introducendo l’organico di ambito, che, ad esempio, permetteva di mettere assieme l’incarico di 12 ore di Ala con quello di 6 ore di Avio. Ma la riforma è fragorosamente fallita». Oggi gli insegnanti possono accettare più di un incarico arrivando potenzialmente anche ad un full time, ma le scuole non possono coordinarsi per l’assegnazione degli incarichi. Ogni istituto procede per conto proprio. «L’ambito territoriale era una soluzione interessante: potremmo immaginare anche noi un sistema simile, ma finora non ci siamo riusciti», conclude il dirigente provinciale.

 

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