I sindacati bocciano l’introduzione di dieci anni di residenza per l’assegno unico.
Cgil Cisl Uil: così si fa discriminazione e si svendono le prerogative dell’autonomia per uno strumento peggiore e meno efficace di quello trentino

“Con l’approvazione dell’emendamento sui dieci anni di residenza in Italia per accedere alla quota A dell’Assegno unico la giunta e la maggioranza consiliare hanno compiuto un atto grave e discriminatorio, che va oltre la legislazione europea e la Costituzione, che sceglie deliberatamente di dividere tra poveri, ritenendo alcuni, meritevoli di essere aiutati, tutti gli altri no. Evidentemente per riduzione della povertà si intendeva questo: non vedere da un giorno all’altro una fetta di persone povere a cui dare sostegno”. E’ amaro il commento dei segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino dopo la decisione assunta questa notte con l’approvazione della variazione di bilancio. “Non siamo mai stati contrari all’introduzione di criteri di accesso alle misure di sostegno al reddito – ribadiscono Franco Ianeselli, Lorenzo Pomini e Walter Alotti -, ma abbiamo sempre sostenuto che i criteri vanno individuati secondo equità e ragionevolezza. Equità e ragionevolezza che né la giunta né la maggioranza hanno voluto prendere in considerazione, pressati dall’introdurre una modifica che non ha nessun carattere di urgenza, ma solo un forte valore simbolico sul piano politico”.

I sindacati puntano il dito contro una misura che segna anche un grave precedente nell’ambito delle prerogative dell’Autonomia in tema di politiche sociali. “A differenza dell’Alto Adige in Trentino si sceglie di omologare il nostro strumento, migliore e più equo, con il reddito di cittadinanza, limitandosi ad intavolare, da quanto trapela, una trattativa solo sul piano delle risorse”, insistono Ianeselli, Pomini e Alotti.

Per Cgil Cisl Uil il reddito di cittadinanza è una misura meno efficace per il contrasto alla povertà rispetto all’assegno unico trentino. “Al di là di quanto sostiene la propaganda del governo il reddito di cittadinanza è un disincentivo al lavoro e non tiene conto della molteplicità di ragioni che stanno alla base delle condizioni di povertà in cui può trovarsi una persona o una famiglia – sottolineano i tre segretari -. Al contrario l’assegno unico è stato concepito come misura che incentiva l’attivazione della persona disoccupata o inoccupata, per favorire l’uscita dalle condizioni di marginalità. E nei casi di non lavoro dei soggetti c’è l’attivazione preventiva dei servizi sociali e la presa in carico della persona o della famiglia. Tutti aspetti che non esistono nel reddito di cittadinanza che è destinato ad essere solo uno strumento assistenzialistico”.

Infine i sindacarti stigmatizzano ancora una volta la scelta della giunta di non aprire alcuna forma di confronto con le parti sociali. “Un metodo non consueto per la storia recente della nostra Autonomia, che si pone sicuramente in contrasto con quella costituzione materiale che ha visto in questi anni un costruttivo dialogo sulle politiche tra istituzioni e parti sociali”, concludono Ianeselli, Pomini e Alotti.

7 febbraio 2019

Scarica il pdf: 20190207_unitario approvazione reddito di cittadinanza