23 febbraio 2017 –  Trentino, Corriere del Trentino

I sindacati: «In crisi il modello cooperativo»

Dopo l’ultimatum su Sait, rotto il tavolo sul contratto Alto Garda: «Nessun tentativo di mediazione» I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil attaccano: «Al Trentino non si può solo chiedere e non dare»

La rottura del tavolo sindacale sul contratto dei 168 dipendenti della coop Alto Garda consumatasi ieri sembra la goccia che ha fatto traboccare il vaso delle relazioni tra Federcoop e i rappresentanti dei lavoratori. Se i segretari di categoria giudicano «inaccettabile» l’atteggiamento della controparte a questo tavolo come a quello di Sait, i segretari confederali parlano chiaramente di «crisi del sistema cooperativo» accusando i vertici di via Segantini di «chiedere al sistema Trentino senza dare».

«In diciassette anni — riflette il segretario della Cisl-Fisascat Lamberto Avanzo — non mi era mai capitato di indire una conferenza stampa immediata dopo la rottura di una trattativa, ma quello che è successo oggi (ieri, ndr) è inaccettabile. La cosa che mi amareggia di più è che il presidente di Federcoop Fezzi giustifica questo atteggiamento. Il Trentino e la sua autonomia poggiano sul modello cooperativo». «La nostra controproposta — lamenta Vassilios Bassios (Uiltucs) — non è stata nemmeno presa in considerazione. L’unica possibilità che ci è stata offerta è di accettare un contratto peggiorativo rispetto a quello nazionale».

Il 3 marzo i dipendenti della coop Alto Garda saranno chiamati a esprimersi in assemblea. Una rottura che arriva all’indomani dell’ultimatum lanciato ai sindacati dai vertici di Sait sui 130 esuberi annunciati: o accettate la cassa integrazione, o partono le lettere di licenziamento. «Non ci hanno nemmeno detto — afferma il segretario della Filcams-Cgil Roland Caramelle — come pensano di organizzare il magazzino con 130 persone in meno. Nessuna trasparenza, nessun piano industriale. Già oggi le esternalizzazioni sono parecchie. Non vorremmo che l’idea fosse di sostituire i lavoratori licenziati dando in appalto i servizi alla Movitrento, presieduta da Marina Castaldo che delle Federazione è vicepresidente. Hanno rifiutato di accettare il contratto di solidarietà chiesto dai lavoratori — continua Caramelle — e cercano di imporci una cassa integrazione che potrebbe non essere altro che il rinvio del licenziamento, ma se lo stesso lavoro pensano di farlo fare ad altri si sbagliano, la legge non lo permette e Inps non accetterà. Sta crollando — conclude il segretario della Filcams — ciò che dovrebbe distinguere le cooperative dalle altre imprese».

Per i confederali, il nodo è proprio questo. «Nell’ultimo incontro — ricorda il segretario della Cgil, Franco Ianeselli — il presidente Fezzi ci ha detto che lui metteva a disposizione la sala ma sarebbe andato subito via perché aveva un altro impegno. Capisco che non siano abituati a gestire situazioni di crisi e capisco che non si possano chiudere gli occhi di fronte alle difficoltà del mercato, ma la cooperazione non può venire meno a una responsabilità sociale che è il suo stesso motivo di esistere. Non si può entrare nella loro sede — continua il segretario della Cgil — e leggere tante belle frasi sulla centralità della persona e poi sentirsi dire che il contratto di solidarietà non si fa, che gli esuberi restano 130 e che non ci sarà nessun riassorbimento di lavoratori nella Federazione, venendo così meno a un preciso impegno assunto con noi non troppo tempo fa. Se l’atteggiamento verso la vita dei propri dipendenti è burocratico, è l’intero sistema cooperativo ad essere in crisi». Il segretario della Cisl, Lorenzo Pomini, non è più tenero. «Il quarto mandato di Schelfi è servito solo per non affrontare problemi evidenti che non si volevano vedere, è stato non la causa, ma il sintomo dell’immobilismo. Ora si cerca di risolvere tutto con prove muscolari, ma non è abbandonando i tavoli che si possono risolvere i problemi. Ieri — continua Pomini — le casse rurali non volevano in alcun modo razionalizzare il loro sistema e prestavano soldi con molta generosità, ora sono in crisi e rallentano l’economia perché soldi non ne prestano più. Le relazioni sindacali sono di facciata, si partecipa, si firmano gli accordi, ma poi quando la situazione si fa difficile ci si chiama fuori. Abbiamo Laborfonds e le casse rurali propongono fondi pensionistici diversi. Abbiamo Sanifonds che la cooperazione vorrebbe gestire, per guadagnarci, senza però fare aderire i propri dipendenti. Si prende e non si dà, si chiede e non si restituisce». «Il problema è grave e sono molto preoccupato — incalza il segretario generale della Uil, Walter Alotti — Abbiamo visto cosa sta succedendo nel settore del consumo, ma il credito? Hanno voluto fare un accordo escludendo i confederali, il Focc, e ora sono i dipendenti a bocciarlo. Con Ianeselli e Pomini, chiederò un incontro ai massimi vertici perché i valori della cooperazione sono altri e non possono essere travolti da un atteggiamento padronale».

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