Sindacati: la vera priorità per il Trentino è l’emergenza redditi. Cgil Cisl Uil: le imprese tornino ad investire in innovazione e sostenibilità. Se non si elevano produttività e retribuzioni a rischio la coesione sociale minacciata da inflazione e rallentamento economico
“Il caro energia è uno dei maggiori problemi che famiglie e imprese devono fronteggiare. Ma non è il solo da affrontare subito: bassi investimenti delle imprese, salari sempre più inadeguati e opportunità di lavoro di scarsa qualità sono problemi strutturali del Trentino che acuiscono gli effetti contingenti dello shock energetico sul rallentamento della crescita economica e l’esplosione dell’inflazione. Per questa ragione ci aspettiamo dalle associazioni imprenditoriali un grande senso di responsabilità. Non servono solo bonus e provvedimenti tampone, ma scelte strutturali che ci traghettino fuori da questa tempesta rafforzando la nostra competitività”. Lo dicono i segretari provinciali di Cgil Cisl Uil del Trentino individuando nella svolta energetica la spinta per innovare, superando i limiti che hanno rallentato la crescita trentina e cioè la scarsa propensione delle imprese trentine ad investire in innovazione, la bassa qualità dell’occupazione legata a livelli calanti di produttività e retribuzioni sotto la media di tutto il nordest. “In tal senso la crisi legata alle bollette può trasformarsi in un’opportunità per cambiare in meglio. E la svolta ecologica non è solo una questione culturale come ha fatto notare il direttore di Confindustria Trento. Oggi è infatti la testimonianza di una insufficiente propensione del sistema economico locale ad investire sull’innovazione, sostenibilità compresa”.
Per Cgil Cisl Uil è ora di voltare pagina spingendo il tessuto produttivo ad investire con maggiore determinazione nell’innovazione di prodotto e di sistema, puntando sulle trasformazioni ecologiche e tecnologiche. “Per andare in questa direzione servono politiche industriali lungimiranti, che sono cosa ben diversa dai sussidi indifferenziati alle imprese – incalzano Grosselli, Bezzi e Alotti -. Ed è dentro le politiche industriali che deve trovare spazio la concertazione sui grandi temi del nostro sviluppo, la revisione della legge 6 e il riconoscimento del ruolo centrale della contrattazione. Scorciatoie come la soppressione della procedura negoziale vanno nella direzione esattamente opposta”.
E sulla questione della carenza di manodopera i sindacati invitano gli imprenditori a guardare anche in casa loro invece di limitarsi a chiedere interventi dall’alto. “E’ indubbio che quella demografica è una delle sfide più complesse che l’Italia deve fronteggiare e ha un indubbio riflesso anche sulla carenza di manodopera. Affrontare il problema della scarsità di forza lavoro scaricando tutto sulla riduzione del cuneo fiscale senza però affrontare il nodo salariale è quantomeno miope. Anche su questo fronte le imprese siano responsabili e, al di là della crisi, si rendano disponibili ad un confronto sull’innalzamento degli stipendi. Chi in questi anni ha guadagnato non può pensare di non ritornare sotto-forma di salario gli incrementi di utile e fatturato. E questo vale per tutti i settori, dal turismo all’industria, dai servizi all’artigianato. Le promesse elettorali svaniranno in fretta, ma i bisogni delle famiglie restano sul tavolo. Se vogliono evitare nuove tensioni sociali e mettere al sicuro il buon livello di coesione sociale del Trentino è ora di affrontare responsabilmente il nodo salariale, riportando protagonista la concertazione delle politiche e la contrattazione a livello territoriale ed aziendale” concludono Grosselli, Bezzi e Alotti.
Trento, 28 settembre 2022
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