l’Adige – 02 settembre 2022

Stipendi, le donne prendono il 13% in meno

Nei contratti a tempo pieno la differenza con gli uomini sale al 15,2%

TRENTO Migliorano leggermente i dati sul Gender pay gap in Trentino, l’indicatore che misura la differenza salariare tra uomini e donne, ma la distanza rispetto ai valori nazionali rimane molto pesante. Nel 2020 le statistiche fotografano una retribuzione media per ora lavorata dalle donne inferiore del 13% rispetto agli uomini in sede locale, mentre in Italia il differenziale è pari al 4,2%. L’anno precedente lo stesso valore era del 13,7% in Trentino e del 4,7% come media italiana.
L’Ispat spiega in realtà che le differenze nelle retribuzioni tra uomini e donne sono il risultato di un confronto tra due popolazioni di lavoratori che presentano caratteristiche diverse. Infatti il peso del Gender pay gap cambia notevolmente se si considera, ad esempio, il differenziale tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale. Nel primo caso l’indicatore per il Trentino per il 2020 risulta pari al 15,2%, come effetto di una retribuzione media giornaliera di 109,4 euro per gli uomini e di 92,8 euro per le donne. Nel secondo caso l’indice scende all’8,3% come conseguenza dell’elevata incidenza di donne impiegate a tempo parziale (il 54,1% contro il 15,2% degli uomini). Gli uomini arrivano comunque a 58,8 euro di paga media giornaliera, mentre le donne si fermano a 53,9. L’analisi condotta per settore economico, considerando in questo caso i soli lavoratori e le sole lavoratrici a tempo pieno, conferma un differenziale retributivo quasi costantemente a favore della componente maschile. Poche le eccezioni, concentrate in quei settori dove peraltro la presenza delle donne è molto contenuta. Nei comparti in cui la retribuzione giornaliera media è relativamente minore si osserva parallelamente un valore del Gender pay gap più contenuto. Un esempio è rappresentato dal comparto dei servizi di alloggio e ristorazione dove il GPG è pari al 15,9%. In tale ambito la retribuzione, sia maschile che femminile, risulta essere fra le più basse tra i settori economici analizzati. Viceversa, nei settori dove la retribuzione è elevata, anche il gap risulta maggiore. Un esempio è rappresentato in questo caso dai comparti immobiliare e finanziario-assicurativo che presentano un differenziale superiore al 34%. La parità tra uomini e donne si allontana tendenzialmente con l’età ma questo vale soprattutto per la componente maschile. Mentre infatti le retribuzioni giornaliere medie delle lavoratrici non crescono in modo significativo al crescere degli anni, quelle dei lavoratori presentano chiari incrementi passando dai 105,0 euro nella classe 35-39 anni ai 137,8 euro nella classe 60-64 anni.
Invece, se si guarda alla qualifica professionale, escludendo gli “apprendisti” e quelli per cui la qualifica non è definita, non si osservano particolari differenze nei livelli della differenza di genere: la progressione osservata è del 22,1% per gli operai, del 24,5% per gli impiegati e del 21,5% per i dirigenti. Fanno eccezione i quadri che presentano un differenziale salariale relativamente più contenuto (17%).
Quanto alla tipologia contrattuale, le differenze retributive si confermano evidenti: se per i lavoratori a tempo indeterminato il livello medio del Gender pay gap è pari al 15,8%, il valore si contrae in modo significativo per i lavoratori a tempo determinato (10%). Per i lavoratori stagionali l’indicatore è pari al 18,6%.

 

I sindacati. Spesso chi diventa mamma fatica a unire impiego e famiglia e deve penalizzare l’occupazione «Una differenza inaccettabile per il Trentino. Investiamo sulla conciliazione»

TRENTO -«Un differenziale superiore al 15 per cento tra le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori a tempo pieno è un dato inaccettabile per il Trentino. La nostra provincia ha migliorato il tasso di occupazione femminile, ma le donne sono ancora impiegate in settori caratterizzati da precarietà, stagionalità, part time e con basse retribuzioni». È questa l’analisi dei segretari generali di Cgil Cisl Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti sulle differenze di stipendi tra uomini e donne. Spiegano che part time e stagionalità non sempre sono frutto di una scelta: molte donne escono dal mercato del lavoro dopo la maternità per la difficoltà di conciliare occupazione e famiglia e quando rientrano hanno un’età avanzata che limita le loro possibilità di reimpiegarsi. In questo quadro la pandemia ha reso ancora più evidenti questi difficoltà e criticità: molte donne sono rimaste senza occupazione o hanno dovuto rinunciarvi per accudire la famiglia. «Oggi le donne, anche quelle con i titoli di studio più elevati, -proseguono i sindacalisti -faticano ad avere percorsi di carriera in crescita come evidenzia la crescita del differenziale tra maschi e femmine dopo i quarant’anni. Per favorire la presenza e la permanenza delle donne sul mercato del lavoro è fondamentale rafforzare i servizi di conciliazione. Allo stesso tempo è importante accrescere gli sgravi Icef sul lavoro femminile». Senza dimenticare che Paesi con welfare avanzato e misure di conciliazione molto efficaci sono quelli con il tasso di occupazione femminile più elevato e con indici di natività migliori dei nostri. «È questo -concludono Grosselli, Bezzi e Alotti -l’obiettivo a cui dovrebbe puntare il Trentino Autonomo e moderno.

Scarica il pdf: ADIGE donne ART 020922