Assegno unico, assalto ai Caf

In 2 mesi oltre 30.000 domande

Reddito cittadinanza, pochi chiedono. I nuovi poveri: famiglie e madri sole

«Ha vinto il Movimento Cinque Stelle ora dateci i moduli per il reddito di cittadinanza». Non sono solo richieste, hanno più il sapore di pretese. D’altronde le promesse elettorali vanno mantenute. È corretto. Ma un governo ancora non c’è e molti cittadini sembrano averlo dimenticato.

Quello che è accaduto in alcuni comuni della Puglia pochi giorni fa, post voto, fa riflettere. Code ai Caf per chiedere il reddito di cittadinanza. In Trentino non è successo. Ci sono state solo alcune sporadiche richieste al Caf della Cgil, come conferma il segretario generale della Cgil, Franco Ianeselli. Non perché in Trentino sono meno «creduloni», per utilizzare un termine di Lorenzo Pomini (segretario generale della Cisl), ma, forse, perché una misura di inclusione e aiuto ai poveri c’è già dal 2009. Parliamo del reddito di garanzia del quale, solo nel 2017, hanno beneficiato 6.000 trentini (Corriere del Trentino del 9 marzo). È chiaro, ed è un fatto che va considerato, che le problematiche del Mezzogiorno non sono quelle del ricco Trentino, ma i dati mostrano sacche di povertà importanti anche in provincia. «Sono soprattutto famiglie in grave difficoltà o a rischio povertà. Non stranieri, ma tanti trentini» spiega Paola Urmacher, responsabile del patronato della Uil. I numeri fanno un certo effetto. In poco più di due mesi, da metà ottobre a fine dicembre 2017, sono state presentate ai 12 patronati presenti in provincia oltre 30.000 domande per ottenere l’Assegno unico provinciale. I Caf dei sindacati e delle Acli sono stati presi d’assalto da cittadini che hanno chiesto di poter usufruire della nuovo strumento di sostegno introdotto dalla Provincia di Trento e diventato operativo dallo primo gennaio scorso. La misura non comprende solo il reddito di garanzia (sono una ventina i milioni destinati al sostegno del reddito a fronte di un investimento complessivo di 70 milioni di euro) e il reddito di inclusione (introdotto lo scorso anno dal governo), ma anche l’assegno regionale al nucleo familiare e l’assegno integrativo per gli invalidi. I numeri elevati delle richieste, quindi, non si riferiscono solo alle domande di aiuto relative al reddito, inoltre l’innalzamento della quota Icef, passata dallo 0,13 al 0,16, ha fatto sì che più cittadini possano beneficiare degli aiuti. Ma lo straordinario afflusso ai Caf traccia comunque una fotografia della povertà in Trentino. «La crisi e la perdita di lavoro hanno innalzato l’asticella della povertà — spiega Urmacher — ci sono molti cinquantenni rimasti senza lavoro, non possono accedere alla pensione e si arrabattano con impieghi saltuari o con il Progettone. Poi ci sono le madri sole che non possono lavorare a tempo pieno e sono costrette a part-time con stipendi esigui». La crisi economica pesa. «La situazione del 2018 non è quella del 2009, è indubbio — riflette Ianeselli — ci sono molte famiglie a rischio povertà; si pensa spesso alla povertà collegata alla disoccupazione, ma ora ci si trova di fronte ad una realtà dove anche a fronte di dati positivi sull’occupazione, c’è una ripresa, cresce il tasso di povertà. Ci sono tanti lavoratori poveri, soprattutto con figli». Ianeselli parla di lavoratori costretti a impieghi part-time non voluti o con stipendi troppo bassi per mantenere una famiglia. «Queste politiche di aiuto — continua il segretario della Cgil — sono importanti anche per poter ottenere lavori migliori, con più ore o migliori condizioni».

Per Pomini è importante che la «politica non alimenti false speranze», ma il segretario riflette anche sulla cultura dell’assistenzialismo e misure di aiuto considerate un diritto non un sostegno. «Dispiace vedere che c’è ancora una buona parte dell’Italia che pensa di vivere sulle spalle di altri cittadini. Non possiamo pensare di stare in un’Europa dove la competizione è sempre più sfrenata senza cambiare il modo di pensare».

Scarica il pdf: assegno unico ART 140318