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Segretari Comunali a chiamata discrezionale e precarizzati: la Uil preoccupata per la forzatura in legge di bilancio regionale, che mette a rischio la tenuta della legalità e la terzietà delle istituzioni locali trentine.

Nidi e famiglie, la giunta decida cosa fare e non sprechi risorse dei trentini
Sindacati: i bonus nazionale e provinciale non sono cumulabili. In ballo otto milioni di euro che potrebbero essere investiti per rafforzare i servizi nelle periferie e sostenere l’occupazione femminile
Sono otto i milioni di euro che la Provincia potrebbe risparmiare rinunciando ai propri bonus nido e bonus bebè, che verrebbero sostituiti anche sul nostro territorio dalle analoghe misure previste a livello nazionale. “Una quantità di risorse importanti che potranno essere impiegate per rafforzare la rete di servizi di conciliazione su tutto il territorio e in particolare proprio in quelle aree periferiche che ne sono sprovviste e che la giunta a parole vuole sostenere”. Lo dicono i segretari di Cgil Cisl Uil tornando su una posizione già ribadita nelle scorse settimane e su cui è stato chiesto un confronto anche con l’Esecutivo. Richiesta fino a questo momento caduta nel vuoto, evidentemente anche perché in giunta provinciale sulle misure a sostegno della natalità e della famiglia si pensa tutto e il contrario di tutto. “E’ quanto meno originale per non dire paradossale che mentre il presidente Fugatti deposita un emendamento alla legge finanziaria che dà la possibilità alla giunta di sospendere le misure provinciali nel momento in cui ne venissero varate di analoghe a livello nazionale, l’assessore Bisesti dichiara ai microfoni del Tgr che le due misure saranno sicuramente cumulabili, dunque non ci sarà alcuna sospensione”, dicono i tre segretari Franco Ianeselli, Michele Bezzi e Walter Alotti. La realtà, per i sindacati, è diversa. “I bonus nazionali e provinciali sono difficilmente cumulabili tra loro. Lo si è visto con l’assegno unico e il reddito di cittadinanza. Senza un accordo tra Stato e Provincia, se i sostegni provinciali non vengono sospesi di fatto rimpiazzano quelli nazionali garantendo un risparmio allo stato e un esborso di risorse alla Provincia, che invece potrebbe destinare quei soldi ad altre misure, realizzando nuovi nidi dove non ce ne sono, rafforzando le misure di conciliazione famiglia-lavoro e, dunque, incentivando l’occupazione femminile”.
Un tema che sembra essere presente al presidente della Provincia, ma non al suo assessore che evidentemente preferisce alimentare la narrazione di una giunta che sostiene le valli e le famiglie, ma non nei fatti. “Lo abbiamo detto e lo ripetiamo il gap tra centro e periferia si riduce investendo sui servizi – insistono i sindacati -. E i servizi sono la parola d’ordine anche per sostenere la natalità. Come ha evidenziato anche il recente Festival della Famiglia non è con i bonus una tantum che le coppie mettono al mondo più figli, ma costruendo un contesto favorevole, che sostiene le famiglie nel tempo, non solo nei primissimi anni, offrendo servizi flessibili e accessibili a tutti. Per noi la strada è più servizi per le famiglie, su tutto il territorio. Aver otto milioni di euro da investire in questa direzione e decidere di sprecarli, è miope”.



Contratti pubblici, servono risorse in questa legge finanziaria.
Sindacati: oggi qualche timida apertura da parte della Provincia, ma ancora insufficiente
“Un incontro interlocutorio, con qualche apertura sulle risorse a disposizione, ma con molti nodi fondamentali ancora da sciogliere”.
Questo il commento dei segretari generali Cgil Cisl Uil del Trentino Franco Ianeselli, Michele Bezzi e Walter Alotti dopo l’incontro di stamane sul rinnovo dei contratti per i dipendenti della pubblica amministrazione trentina. La Provincia era rappresentata non dalla Giunta, ma dal direttore Paolo Nicoletti e dal dirigente del personale Luca Comper.
“L’amministrazione ha proposto un protocollo d’intesa che fissa al 4,1% l’aumento stipendiale a regime alla fine del triennio 2019-2021 – proseguono i tre segretari -. Le risorse, come noto, non sono state inserite nel bilancio che sta per approdare in aula. C’è l’impegno a recuperarle cammin facendo. C’è una grande questione che riguarda la parte di stipendio su cui applicare questi aumenti, che – ricordiamo – servono semplicemente a mantenere il potere d’acquisto”. Per Cgil Cisl e Uil la base di riferimento su cui calcolare gli aumenti deve essere lo stipendio nella sua interezza, con risorse aggiuntive da destinare ai riconoscimenti sulla produttività e per le progressioni di carriera.
Sullo sfondo c’è il tema della certezza sull’effettivo riconoscimento delle risorse. “I lavoratori non possono sostituire il contratto con una promesso di “pagherò” – incalzano i sindacati-. Servono segnali chiari sulla direzione prospettata oggi dalla controparte, che potrebbe portare a stanziamenti anticipati rispetto alla completa vaghezza con cui si erano conclusi gli scorsi incontri. Ci aspettiamo però questi segnali a partire dalla legge di bilancio attualmente in discussione”




Retribuzioni in Trentino. A bloccare gli stipendi è la qualità del lavoro che non decolla.
Nel 2017 esplosione del part time involontario, soprattutto tra le donne. Cgil Cisl Uil: rafforzare le misure per sostenere la crescita economica, incentivare il lavoro femminile e diffondere la contrattazione di secondo livello
Le retribuzioni reali in Trentino non tengono il passo dell’inflazione, anzi in alcuni casi addirittura arretrano. Lo certifica l’Inps nel suo rapporto sulle retribuzioni 2018 dei lavoratori dipendenti in Italia. “I dati Inps non sono un fulmine a ciel sereno – incalzano i segretari generali di CGIL CISL UIL del Trentino, Franco Ianeselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Da tempo denunciamo il fatto che, dopo la crisi, anche in Trentino, nonostante in particolare nel settore manifatturiero la contrattazione abbia registrato avanzamenti significativi anche sul lato dei salari, nei servizi sta invece esplodendo il part time che erode i redditi delle lavoratrici e dei lavoratori. C’è quindi un problema di qualità del lavoro nei settori più frammentati e in quelli dove la ridotta dimensione d’impresa rischia di impedire sia una maggiore innovazione, sia una contrattazione realmente redistributiva”.
Sono proprio i dati INPS a suffragare questa tesi. Nel manifatturiero infatti le retribuzioni per giornate lavorate degli operai sono aumentate nel periodo tra il 2014 e il 2018 di quasi il 5%, mentre nello stesso periodo in quelle del turismo e del commercio sono aumentate di meno della metà, con una perdita netta di potere d’acquisto. Intanto il part time ha continuato a crescere passando nel giro di dieci anni, dal 2007 al 2017, dal 17,2% degli occupati al 22,6%. Si tratta di ben 53.000 persone occupate a tempo parziale.
Nel 2017 i part time involontari, cioè quelli che il lavoratore accetta solo per tenersi il posto, sono saliti al 42 per cento del totale. Una situazione che penalizza soprattutto le donne, molte delle quali hanno lavori a tempo parziale. “Se ad un dipendente viene imposto un contratto di poche ore la settimana, per forza di cose anche il suo stipendio sarà più basso. Le aziende, sempre più spesso, per cautela o per esigenze economiche offrono posti di lavoro a tempo pieno”, sottolineano i sindacalisti.
L’andamento delle retribuzioni reali è quindi legato alla qualità del lavoro offerto dalle aziende soprattutto dei servizi, ma anche dalla possibilità di sviluppare accordi di secondo livello anche nei settori più frammentati, a partire dalla potenziamento della contrattazione territoriale. “Negli ultimi anni abbiamo più volte evidenziato questa situazione di grave criticità – denunciano Ianeselli, Bezzi e Alotti -. Dopo la crisi economica che ha imposto pesanti sacrifici anche ai lavoratori, abbiamo avviato contrattazioni acquisitive che hanno portato benefici ai dipendenti. Nelle realtà più strutturate e dove il sindacato è presente, questo è stato possibile. Nelle realtà più frammentate, dove si verifica anche una scarsa presenza sindacale, no”.
Difficile pensare che questa tendenza si inverta da sola, viste le difficoltà a cui sta andando incontro anche l’economia provinciale. “Per questa ragione – incalzano i segretari di Cgil Cisl Uil – è indispensabile investire su politiche pubbliche a sostegno della crescita economica, dell’occupazione femminile e della contrattazione integrativa, anche nei settori più frammentati. E’ indispensabile muoversi con rapidità: nel prossimo futuro, infatti, si potrebbe andare incontro ad un peggioramento del quadro economico e quindi della dinamica delle retribuzioni, con la conseguente riduzione del potere d’acquisto e dunque dei consumi interni”.