l’Adige – 24 gennaio 2023

Boom di dimissioni volontarie. In regione sono 8mila in più

LE PROPOSTE DI CGIL, CISL E UIL

I segretari confederali osservano con preoccupazione il trend e alle organizzazioni datoriali propongono nuovi modelli organizzativi che rispondano ai bisogni e rispettino la produttività

Anche in Italia è arrivato il fenomeno delle grandi dimissioni: a livello nazionale, sono state 1,6 milioni le dimissioni volontarie registrate nei primi nove mesi del 2022. Si tratta di un aumento del 22% rispetto allo stesso periodo del 2021, quando le cancellazioni erano state 1,3 milioni. Il boom di dimissioni di massa si è ripercosso anche sul Trentino Alto Adige, in maniera sempre più importante: nei primi nove mesi del 2022, le dimissioni in regione sono state 37.781; nello stesso periodo dell’anno precedente, a confronto, le cancellazioni sono nettamente inferiori: 29.912. Questi dati sono in aumento dal 2014 (allora, le dimissioni fino a settembre sono state 17.795), con l’unica – comprensibile – eccezione del 2020.
Michele Bezzi, segretario della Cisl, descrive il boom di dimissioni come un fenomeno preoccupante, da analizzare nel dettaglio in modo da trovare soluzioni adatte. In particolare, è necessario comprendere le motivazioni che spingono a dimettersi, che «non riguardano solo la retribuzione; ma la ricerca di una realizzazione al di fuori dell’ambiente lavorativo». Infatti, elementi come la fornitura di servizi, e il maggiore tempo libero sono altamente valorizzati oggi. Fondamentale, quindi, «puntare a politiche che migliorano le condizioni di lavoro, che favoriscono – non solo sulla carta – la conciliazione vita-lavoro». Bezzi si dichiara poi preoccupato per i giovani che, nel mondo globalizzato di oggi, possono anche spostarsi all’estero, qualora in Italia non trovassero un impiego soddisfacente, con servizi conciliativi e di welfare adeguati: importante investire sulle nuove generazioni, in modo da incentivarle a restare sul territorio. «La pandemia ha fatto sì che le persone considerassero la propria situazione personale» afferma Walter Alotti, segretario della Uil, «oltre che elementi come la salute, gli orari e le condizioni di lavoro, la possibilità di lavorare da casa, la conciliazione tra attività lavorativa e famiglia».
Il Covid ha quindi ingigantito il fenomeno delle dimissioni che, secondo il segretario, è “esploso” anche a livello regionale. Le cause sono diverse: «Spesso i giovani – a differenza delle generazioni passate – danno le dimissioni senza avere in tasca un’alternativa: trovandosi in ambienti aziendali non in linea con le proprie aspettative, con modelli organizzativi piuttosto vecchi, o andati in crisi con la pandemia, preferiscono lasciare il posto e cercare altro». Anche perché, spiega Alotti, «il mercato del lavoro ora è più dinamico che in passato, e ci sono diverse posizioni disponibili, soprattutto nei settori di manifattura, sanità, e assistenza». Una delle richieste mosse alle organizzazioni datoriali e alla pubblica amministrazione – racconta il segretario – è proprio quella di rivedere i sistemi organizzativi di aziende o uffici, inserendo politiche di welfare aziendale. Importante anche la questione retributiva, che rappresenta un grosso problema anche in Trentino: «Segnaliamo da tempo che molti settori hanno stipendi inferiori alla media del Nordest o addirittura a quella nazionale; quindi, è probabile che alcuni lavoratori cerchino datori di lavoro più generosi». Il segretario della Cgil Andrea Grosselli commenta la situazione: «Si tratta di un fenomeno globale: da anni lavoratori e lavoratrici cercano occasioni di lavoro più allettanti, con condizioni che si adattano meglio alle proprie vite». Grosselli sostiene poi l’importanza di retribuzioni più alte, politiche di welfare, una maggiore conciliazione vita-lavoro e una migliore organizzazione del lavoro, e sistemi come lo smart working. «Bisogna smettere di considerare che gli stranieri siano un problema» aggiunge anche il segretario. «Oggi l’immigrazione è una grande opportunità per l’Italia e il Trentino, e bisogna costruire delle politiche per l’integrazione, in modo da inserire le persone nel mercato del lavoro». Tutto questo renderebbe il fenomeno un’opportunità, in primo luogo per i lavoratori, «che potrebbero scegliere il proprio datore di lavoro: sarebbe una grande rivoluzione». Importante pensare, però, anche a coloro che non hanno queste opportunità: il segretario enfatizza la disuguaglianza e la crescente polarizzazione del mercato del lavoro. «Chi cambia lavoro lo fa sicuramente per trovare condizioni migliori; sarebbe utile – per decidere anche quali politiche realizzare in merito – capire chi sono i lavoratori che non possono fare questa scelte, ad esempio chi è ‘intrappolato’ in lavori a bassa qualificazione, con retribuzioni insufficienti».

Scarica il pdf: IL T dimissioni ART 240123