07 maggio 2020 – Trentino, Corriere del Trentino

C’è il buono baby sitter ma solo per 900 famiglie

La delibera di giunta. Il contributo, per ora, vale per chi lavora nei comparti della sanità, della sicurezza, della difesa e del pronto soccorso, E non per chi fa smart working, sindacati delusi

TRENTO. Arriva il buono per pagare le baby sitter a domicilio: la giunta mette in campo 4,5 milioni di euro con l’obiettivo di tutelare l’occupazione femminile. Ma, perché c’è un ma, con un meccanismo che darà priorità alle situazioni in cui entrambe i genitori lavorano e, con le scuole ed i servizi chiusi, necessitano di un supporto per accudire i figli. La misura è però rivolta alle madri lavoratrici del settore privato e del settore pubblico limitatamente ai comparti sanità, sicurezza, difesa e soccorso pubblico. Quattro comparti e con la clasuola che si sia chiamati a lavorare fuori casa, visto che lo smart working non da diritto al beneficio. Il provvedimento, che ha durata fino al 31 luglio 2020, prevede un costo orario di 20 euro per famiglia con 1 figlio e 25 euro per 2 o più figli; l’onere a carico delle famiglie è pari al 10% del costo del servizio. L’intervento è inoltre cumulabile al contributo erogato dall’Inps di 600 euro riguardante il bonus baby sitter, in modo da ridurre il costo residuo in carico alle famiglie.
Con le novità introdotte dall’esecutivo le madri, se richiamate al lavoro fuori casa, potranno ottenere servizi di cura e custodia domiciliare per i propri figli, in attesa che possano essere riattivati almeno in parte i servizi di accompagnamento e cura dei minori in forma collettiva.
Il come è stato pensato il bonus non va però a genio al sindacato: «Ci auguriamo si sia trattato solo di una svista» incalzano Cgil, Cisl e Uil». « Le lavoratrici e i lavoratori in smart working hanno gli stessi problemi di conciliazione di chi opera fuori casa. Non vederlo tradisce l’idea che lavorare da casa equivale a non lavorare o a lavorare meno. Non è così, anzi spesso è esattamente il contrario. Nelle prossime settimane moltissimi, invece, continuano ad essere impegnati nel lavoro agile, che non vuole dire meno lavoro. La proposta dell’assessora Segnana di attivare un migliaio di babysitter previo indicatore Icef e l’integrazione ai voucher nazionali è un primo passo, ma non è ancora sufficiente per dare risposte alle famiglie messe a dura prova da questa situazione. Resta irrisolta la questione dei bambini e dei ragazzi che hanno bisogni educativi speciali. Per loro e le loro famiglie vanno riattivate da subito delle proposte educative in presenza. Rischiamo che i passi avanti compiuti fino ad oggi da questi bambini e ragazzi vengano vanificati e l’emarginazione di questi soggetti e delle loro famiglie diventi enorme» E concludono: «A nostro modo di vedere vanno messe in campo sperimentazioni valorizzando il contributo anche delle cooperative sociali e del personale educativo».
Ma la scelta della giunta provinciale è motivata dall’assessore alla famiglia Stefania Segnana: «I buoni di servizio fanno riferimento agli enti accreditati. Questi enti possono contare su circa 1000 operatori, noi calcoliamo che quasi tutti daranno la propria disponibilità per andare a prestare servizio nelle abitazioni. Ecco che la misura del sevizio baby sitter aiuterà circa 900 famiglie non di più, visto che questo è il personale che si metterà a disposizione. Si sta anche pensando di fare dei corsi per creare delle figure in più con queste professionalità ma, ad oggi, sono quelle. Poi, dovendo muoverci su quel numero di addetti, ora andiamo ad aiutare chi non può fare lo smart working. Nell’ente pubblico, per esempio, quasi tutti hanno questa tipologia di lavoro: in questi primi mesi di ripartenza noi cerchiamo -chiosa Segnana -di andare ad aiutare le situazioni dove entrambi i genitori lavorano. Ricordiamo che i buoni di servizio sono nati come incentivazione al lavoro femminile. Per questa prima fase di attivazione del bonus ci rivolgiamo alle categorie che la possibilità di fare smart working non ce l’hanno».

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