28 luglio 2021 –  Corriere del Trentino

Cgil, Cisl e Uil sugli arresti alla ditta di Lavis «Più controlli e nuove regole sugli appalti»

TRENTO Sono da brividi le testimonianze alla base dell’inchiesta padovana che ha portato a 11 arresti per caporalato tra Veneto e Trentino, tra cui i titolari dell’azienda B. M. Services di Lavis. Ad esempio quella di Ahamad, trovato lo scorso anno in mezzo a una strada con i polsi legati e diverse ferite al corpo. Nel referto medico c’era scritto «trauma cranico e contusioni da riferita violenza». È lui l’uomo ritratto nella foto qui accanto.

Ahamad è tra coloro che hanno trovato il coraggio di ribellarsi agli sfruttatori e di denunciarli. L’ha fatto il 26 maggio del 2020, raccontando tutto nella caserma di Piove di Sacco. «Il 21 agosto del 2016 venivo assunto dalla cooperativa B. M. Services, ma di fatto lavoravo presso aziende italiane di legatoria, anche per Grafica Veneta (…) Mediamente io, come gli altri, facevo dalle 12 alle 14 ore giornaliere ma in busta paga ne venivano contabilizzate solo otto (…) Non ci siamo mai lamentati perché abbiamo delle famiglie da mantenere in Pakistan, ma a tutto c’è un limite…». Il carabiniere gli chiede cos’è capitato il giorno precedente e lui risponde che la sua colpa è «di aver osato non sottostare alle regole della Bm. E così ieri, verso le 13, mentre mi trovavo a casa insieme a un connazionale, vedevo in cortile quattro auto dalle quali scendevano una dozzina di persone». Tra loro, Arshad Badar, il titolare della coop di Lavis. «Gli allungavo la mano per salutarlo e per tutta risposta ricevevo uno schiaffo e venivo bloccato da dietro, da suo fratello minore. Badar ordinava agli altri di legarmi le braccia dietro la schiena e di portarmi dentro casa, dove lui e suo genero mi picchiavano con calci e anche con una scarpa. Badar mi ha stretto a lungo il collo con le sue mani, fino a quasi soffocarmi». Inizia così la spedizione punitiva che convolge Ahamad e altri colleghi. «Siamo stati legati mani e piedi e portati a Trebaselghe, a casa di altri connazionali». Vengono ammassati in sette, «tutti in una stanza… hanno ripreso a picchiarci e a minacciare di morte… Verso le 17.30 siamo stati caricati sulle macchine». Uno dopo l’altro, i pakistani vengono abbandonati per la strada, malconci e a molta distanza dalle loro abitazioni.

Le testimonianze delle vittime sono tutte simili. Ma cosa hanno fatto questi operai per meritarsi un simile trattamento dai loro datori di lavoro? Ai carabinieri lo racconta Muhammad: la mattina di quel 25 maggio «avevamo deciso di rivolgerci al sindacato, eravamo arrivati in autobus a Padova e avevamo aperto una vertenza nei confronti del titolare». Non si sa come Badar e i suoi compari l’abbiano scoperto, di certo poche ore dopo scatta la ritorsione.

I lavoratori si erano rivolti anche ai sindacati della nostra provincia. Il filone di Lavis dell’inchiesta è partito dalle denunce della Fiom Cgil del Trentino. «Anche qui erano assunti con regolare contratto, ma lavoravano anche dodici ore al giorno senza pause né ferie. B. M. Services non corrispondeva in modo corretto le retribuzioni, inoltre i lavoratori venivano costretti a prelevare col bancomat e restituirne una parte» scrivono in una nota i metalmeccanici. Quella che sembrava una semplice vertenza sindacale si è però rivelata ben peggiore. Dopo aver inutilmente contattato la proprietà, «la Fiom assistita dall’avvocato Giovanni Guarini, vista anche la gravità dei fatti, è ricorsa alla magistratura denunciando per caporalato la società».

In una nota unitaria poi i sindacati confederali chiedono regole più stringenti per gli appalti privati, che «non possono essere terra di nessuno», e soprattutto maggiori controlli, non solo delle forze dell’ordine ma anche del Servizio Lavoro della Provincia di Trento, di cui denunciano però la condizione di grave sottorganico.

L’assessore al Lavoro Achille Spinelli risponde però che «il Servizio è efficiente e non tralascia nessuna attività, il problema è che le imprese sul territorio sono molte e non si possono controllare tutte di continuo». Sul caso di B. M. Services invece l’assessore evoca la «tolleranza zero per una mostruosità che la nostra terra non può tollerare.La Provincia condanna senza mezzi termini ogni azione che violi la dignità delle persone» che oltretutto «espone il Trentino come luogo dove queste attività trovano spazio, è inaccettabile e va fermato».

 

Scarica il pdf: caporalato ART 280721 2