Il T – 14 marzo 2024

Intelligenza artificiale, tutelare il lavoro

Un giorno Henry Ford II, nipote del fondatore della famosa casa automobilistica di Detroit, accompagnò Walter Reuther, capo del sindacato americano United Auto Workers, in visita ai nuovi impianti di verniciatura automatizzati. Di fronte alle imponenti braccia meccaniche del reparto, Ford si rivolse a Ruther: «Ehi, Walter, come faranno a pagarti la tessera sindacale questi robot?» Allora Reuther lo fulminò: «E tu Henry, come farai a vendere ai robot le tue auto?».
Questa è solo una delle mille contraddizioni prodotte dallo sviluppo tecnico ed economico con cui l’umanità ha dovuto fare i conti ogni qualvolta, nella storia, ha affrontato una delle diverse rivoluzioni industriali che si sono susseguite. L’esito dello scontro di interessi tra la massimizzazione dei profitti a vantaggio dell’impresa e dei suoi azionisti e una giusta distribuzione degli incrementi di produttività attraverso una più alta remunerazione dei lavoratori, una riduzione dell’orario di lavoro e la creazione di nuova e più qualificata occupazione non è scontato. La tecnologia è neutra e il suo impatto non è determinato a priori . È l ’ i n s i e me delle scelte delle istituzioni politiche, delle agenzie preposte alla regolazione e degli agenti contrattuali – imprese e sindacati – a determinare se una tecnologia, una «disruptive innovation», porterà vantaggi consistenti a chi lavora e alla collettività o se la sua applicazione su larga scala comporterà disoccupazione tecnologica e nuove diseguaglianze.
Sarà così anche per l’AI. Non potremo certo contare sull’algoritmo di Chat GPT per trovare la soluzione al dilemma. Saranno i regolatori pubblici e i rapporti tra imprese e sindacati a determinare gli impatti dell’intelligenza artificiale sullo sviluppo economico e sociale delle nostre comunità. Perché questi impatti siano realmente positivi, servono tre ingredienti: piena consapevolezza dei diversi interessi in campo, un reale equilibrio tra i diversi poteri e risorse da investire nella gestione della transizione tecnologica.
I tecno-ottimisti enfatizzano le opportunità offerte dallo sviluppo dell’AI. Lo fanno anche i governi che parteciperanno al G7 sull’intelligenza artificiale di Trento. Se questo ottimismo si trasforma in cieca fiducia nell’autoregolazione dei sistemi economici, i governi rischiano di trovarsi a dover gestire effetti potenzialmente catastrofici. Perché è già una profonda anomalia il fatto che siano poche grandi compagnie – le cosiddette Big Tech americane insieme alla Repubblica popolare cinese – a detenere i dati, le risorse economiche e le compe-
tenze professionali indispensabili a sviluppare l’AI generativa. Oligopoli di simile grandezza rischiano di soffocare le innovazioni più di frontiera e sono un pericolo per la democrazia in quanto il loro potere può condizionare i regolatori.
Ecco allora che si apre il tema dell’equilibrio tra i diversi interessi in gioco. Le imprese possono, infatti, scegliere di utilizzare l’Intelligenza artificiale per sostituire lavoro umano con quello delle macchine riducendo i costi dei processi produttivi e portando questi risparmi nei profitti. Solo con un più equilibrato rapporto tra sistema economico ed interessi sociali tutelati dalla regolazione pubblica e dai sindacati è possibile determinare un altro corso, ossia fare in modo che gli incrementi di competitività e produttività siano reali e vengano distribuiti sotto forma di aumenti salariali e riduzioni d’orario. L’AI tra l’altro potrà ridurre l’occupazione, non solo nei settori della mobilità, del commercio e della logistica, ma anche in lavori intellettuali relativamente ben retribuiti e con mansioni routinarie già digitalizzate. Certo, nel tempo si creeranno anche nuove professioni. Ma il mismatch tra le competenze di chi rischia di perdere il posto di lavoro e quelle dei nuovi lavori potrebbe essere troppo elevato.
Per questo servono nuovi investimenti, in primo luogo sulla formazione continua e sulle politiche attive del lavoro, da affiancare a strumenti innovativi di sostegno al reddito. Non tutti questi investimenti debbono essere necessariamente pubblici. Le imprese hanno il compito di scommettere sull’apprendimento permanente dei loro addetti, aumentando anche le opportunità di formazione non legate alle proprie esigenze tecnico-produttive. Domani allora manifesteremo non contro un’evoluzione tecnologica ma per chiedere ai rappresentanti dei grandi Paesi del G7 di non abdicare alle proprie responsabilità . L’Intelligenza artificiale produrrà molti cambiamenti positivi in tanti ambiti tra cui nella medicina e nell’assistenza sanitaria ma nasconde dei pericoli per la tenuta sociale e civile delle nostre società. Su questo fronte anche in Trentino dobbiamo verificare nel tempo gli effetti sul tessuto economico e occupazionale dell’implementazione di queste nuove tecnologie. Per questo chiederemo alla Giunta Fugatti di dar vita ad una Commissione provinciale dedicata proprio al monitoraggio degli impatti dell’AI e alla implementazione di misure specifiche a favore delle lavoratrici e dei lavoratori.

Andrea Grosselli – Segretario generale della Cgil del Trentino
Michele Bezzi – Segretario generale Cisl del Trentino
Walter Alotti – Segretario generale della Uil del Trentino

 

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