27 novembre 2016 –  Corriere del Trentino

«La divisione è una sciagura»

Del Vecchio (Uilca) dopo l’assemblea Federcasse. «Occupazione, ricadute pesanti»

La spaccatura del credito cooperativo nazionale a causa dell’incapacità di Iccrea e Cassa centrale di mettersi d’accordo — sfociata l’altro ieri nella baraonda dell’assemblea di Federcasse — «è una sciagura» secondo Giuseppe Del Vecchio, segretario nazionale della Uilca con delega alle Bcc. Il dirigente sindacale teme ricadute sui livelli occupazionali e annuncia iniziative dalla prossima settimana assieme alle altre sigle sindacali di categoria.

L’assemblea a porte chiuse l’altro ieri ha visto la base delle Bcc italiane contestare vigorosamente Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa centrale, vista come responsabile della temuta scissione del credito coop. Con lui pure Diego Schelfi è finito sotto accusa, con tanto di richiesta di dimissioni dalla carica di vicepresidente di Federcasse. Critiche anche verso Giulio Magagni, il presidente di Iccrea banca che con Ccb proprio non è riuscito a trovare la quadra. Le banche vorrebbero azzerare tutti i vertici e pure il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, si è detto pronto a lasciare a fine anno. Il 20 dicembre è prevista un’ulteriore assemblea, per capire se nel frattempo avrà avuto successo l’estremo tentativo di ritrovare l’unità, affidato a un comitato di saggi (di cui faranno parte Azzi, Schelfi e il vicepresidente vicario di Federcasse Augusto Dell’Erba).

«Da tempo noi diciamo che la frammentazione del credito cooperativo nazionale sarebbe una sciagura. Si va in direzione contraria rispetto al dettato della Bce che impone rafforzamenti patrimoniali — afferma De Vecchio —. Ci sarebbero ricadute pesanti a livello occupazionale. Senza contare la difficoltà di relazioni che nascerebbe in un simile contesto. Finiremo per avere solo il contratto nazionale Abi anche per le Bcc?» Attualmente in Italia i contratti bancari di primo livello sono quello Abi, per la maggioranza degli istituti, e quello Federcasse, solo per il comparto delle Bcc e Casse rurali, che comunque comprende oltre 350 banche e 37.000 lavoratori. «Una frammentazione del panorama potrebbe costringere a convergere in un unico contratto. E ciò sarebbe un problema anche per Cassa centrale» aggiunge. «Non capisco le finalità del progetto di Ccb: l’ultima offerta prospettata da Azzi aveva molti elementi di tutela dell’autonomia e della territoriali. E già nell’offerta precedente si parlava di un mantenimento della centrale informatica», allontanando la necessità di scegliere fra Phoenix e Bcc sistemi informatici (ex Iside).

Altro tema il Focc trentino, approvato da Federcoop e solo dal sindacato Fabi Trento, strumento peraltro ancora bloccato. «L’idea di affiancare al Fondo di sostegno al reddito, che già si occupa di ammortizzatori, un altro strumento, ci vede disponibili. Ma oggi non abbiamo ancora le dimensioni definitive del nuovo assetto, Partire col Focc un anno fa non era il tempo giusto, nemmeno per Trento». Il tema della solidarietà «deve essere affrontato a livello nazionale, non regionale» prosegue Del Vecchio, che comunque apre alla possibilità di un contributo dei dipendenti al Focc, «ma parliamo di una solidarietà che deve essere sostenibile. E solo perché siamo difronte a una crisi straordinaria di tutto il credito».

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