02 agosto 2019 – Trentino

I MIGRANTI REGOLARI AIUTANO IL TRENTINO

Nei bar o nel loro corrispettivo della rete, escono improvvisamente allo scoperto tutti quegli stereotipi che alimentano ormai da anni l’immaginario collettivo dell’italiano medio. La paura dell’invasione, la rabbia verso l’”Europa matrigna” e – soprattutto l’astio verso i cosiddetti “buonisti”, colpevoli di alto tradimento dei confronti della nazione per aver deciso di difendere il diritto umano più importante: quello alla vita. Ma cosa trasportano veramente queste imbarcazioni? Fosse un carico di cani assetati e malnutriti, non sarebbe un problema farlo approdare nei nostri porti: gli italiani amano gli animali domestici. Si tratta invece di uomini e donne pescati in mare aperto, con vite alle spalle e progetti per il futuro e quindi una “minaccia per la sicurezza”, seguendo le logiche della retorica sovranista. Uno dei giovani salvati dalla Seawatch 3, nel suo Paese d’origine faceva il muratore. Una professione che, purtroppo, non gode oggi del riconoscimento sociale che meriterebbe. Qualcuno potrebbe affermare che questa Italia non ha bisogno di altri muratori. Ed è pur vero che, dopo tanti anni di crisi, la lenta ripresa del comparto resta per ora confinata all’interno di poche regioni.
Ma non si può chiudere gli occhi di fronte alla realtà. E la realtà parla di un settore edile che anche in Trentino fatica a reclutare manodopera “locale”. Una tendenza che gli imprenditori conoscono bene. Nella Cassa edile di Trento sono rappresentate 73 nazionalità e gli operai di origine straniera – cresciuti in un anno di più del 17,06% costituiscono ormai il 36,68 % del totale degli addetti. Al di là di ogni divisione politica, va detto
che anche la precedente amministrazione provinciale aveva pensato “prima ai Trentini” inserendo nel bando di assegnazione dei lavori per la costruzione della galleria Loppio Busa un criterio che prevedeva un diritto di precedenza nell’assunzione di lavoratori locali. Ma le cose non sono andate come previsto: poche le candidature e pochissimi i giovani interessati. Per quanto possa sembrare paradossale esiste quindi un bisogno di manodopera che il mercato del lavoro italiano non riesce ad intercettare. E questo, estendendo lo sguardo oltre i nostri confini nazionali, vale anche per alcuni Paesi europei, evidentemente più abili del nostro nello sfruttare i fondi di sviluppo comunitari per il miglioramento delle proprie infrastrutture. Paesi che – come l’Ungheria – hanno dovuto legiferare per aumentare il livello massimo di straordinari esigibili dai datori di lavoro, pur di mantenere la politica della chiusura assoluta all’immigrazione. Una diversa redistribuzione dei richiedenti asilo a livello europeo porterebbe quindi benefici innegabili all’economia del continente, purché i nuovi lavoratori rientrino nella regolarità e non siano spinti dalle misure di governi miopi nelle reti del lavoro nero e dell’informalità. Non c’è infatti integrazione migliore di quella che passa dal lavoro regolare. In un settore multietnico come quello edile, i lavoratori si conoscono e rispettano vicendevolmente, senza distinzioni di nazionalità e non si dimentica il valore della solidarietà. Non a caso fu proprio un muratore, Costantino Baretta, nella mattina del 3 ottobre 2013 a salvare 12 naufraghi eritrei da morte certa in mare aperto. Un esempio positivo nel buio dell’Italia di oggi.

Matteo Salvetti
Segretario Feneal UIL del Trentino

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