06 giugno 2019 – Corriere del Trentino

 Piano di sviluppo provinciale, sindacati tiepidi sulle direzioni «Manca una visione di sistema»

Sette priorità, altrettanti temi su cui la giunta di Maurizio Fugatti ha ricamato il Piano di sviluppo provinciale. Sicurezza, ridefinizione del rapporto fra pubblico e privato, conoscenza e ricerca da valorizzare, centralità delle ricadute sul territorio, freno ai grandi centri commerciali sopra i 10.000 metri quadrati, viabilità (con la realizzazione della Valdastico in testa). Il corollario di proposte, confluite in una prima delibera, ora verrà presentato alle parti sociali prima di arrivare alla sua formulazione finale. Lunedì, a incontrare il governatore sul Piano, saranno i sindacati. Ma sfogliando le 74 pagine del documento per ora l’esito è tiepido. Per i tre segretari confederali a mancare sono principalmente tre cose: «Una visione di sistema», «coerenza fra alcune disposizioni, apprezzabili, e le dichiarazioni quotidiane» e «il nodo delle risorse» (specie in considerazione del minor gettito legato all’applicazione della flat tax).
«Rispetto a tante altre azioni della giunta — esordisce Franco Ianeselli, segretario generale della Cgil — queste linee guida contengono tanti passaggi condivisibili: il primo riguarda la sicurezza, che viene interpretata in senso più ampio: si è sicuri in un territorio se ci sono relazioni sociali positive e se c’è lavoro». Uno «sforzo apprezzabile», dice Ianeselli, anche nel riconoscere la centralità dell’alta formazione tema che, tuttavia, evidenzia una sorta di discrasia: «Serve coerenza fra ciò che si scrive nei documenti e ciò che si dice: affermare che l’università e la ricerca sono centrali e poi sentire il presidente della Provincia che, all’assemblea degli albergatori, dice che è preferibile non studiare, ecco, quantomeno confonde». Una direzione «contraddittoria» per il segretario che, in ogni caso, nel computo delle idee positive cita anche gli impegni in tema lavoro. «In particolare su crescita delle retribuzioni e formazione continua», dice.
Ciò detto, Ianeselli arriva ai tasti dolenti: «Non ci sono slanci convincenti e, in alcuni casi, si scivola persino in proposte a dir poco offensive verso gli operai. Penso al caso dei contributi per portare in Trentino grandi manager — dice – È il privato a occuparsene e, in ogni caso, per attirare intelligenze serve un contesto tollerante e aperto». In tema agricoltura e a proposito della volontà di puntare sul marchio qualità del Trentino, Ianeselli pensa invece a una proposta da formulare al governatore: arricchire il disciplinare con un disposto che certifichi anche la qualità del lavoro.
Lorenzo Pomini, segretario generale della Cisl, prima di addentrarsi nei contenuti del Piano riflette anche sul metodo: «Bene l’incontro di lunedì, ma sono altrettanto importanti gli incontri periodici — dice — Sino a oggi pare invece che la giunta tenga poco conto delle istanze sindacali». Superata la premessa, Pomini aggiunge un’altra considerazione sulle risorse economiche. «Se la flat tax entra in vigore, ci sono 250 milioni in meno — dice — il primo tema è quindi questo come declinare le misure previste con un quadro finanziario diverso. Senza queste risposte è difficile superare le dichiarazioni». Di qui il consiglio: «Saper scegliere, individuare ambiti su cui insistere e andare avanti». Non solo, Pomini intravede una carenza: «Ovvero la mancanza di una visione di sistema del Trentino – spiega – Sentiamo, piuttosto, interventi a spot che rispondono alla campagna elettorale». Quanto alle iniziative per i supermanager da attrarre, il segretario della Cisl indica il precedente storico: «Nulla di nuovo, provò a farlo Dellai con la sua prima giunta — ricorda — Erano le famose aquile azzurre, ma non mi pare ci siano stati grandi risultati».
Anche Walter Alotti, segretario della Uil, chiuso lo studio del documento si concede una riflessione di sintesi del tutto tiepida: «Manca un’idea di autonomia; non c’è sguardo verso il futuro; è pura manutenzione». In particolare, Alotti trova alcune carenze su due temi: salute e turismo. «Si parla di università e alta formazione, si introduce l’istituto dello sport ma non si danno risposte al calo del personale sanitario — dice — Perché non puntare sulla medicina, anche in collaborazione con cliniche come Innsbruck e Verona?». Un modo, spiega, anche per intercettare il fabbisogno di personale che si porrà in Trentino (e già si è palesato). Non solo: «Non c’è nulla in risposta ai cambiamenti che toccano l’ambiente e, persino nel caso del turismo, si ripropone un modello che non risponde più alle condizioni di oggi». Pochi accenni, nell’analisi di Alotti, anche allo sviluppo sostenibile del turismo. E, qui, il segretario formula una proposta: «Visto anche il calo di risorse e considerate le richieste del comparto turistico si potrebbe avviare una compartecipazione». Come? «Istituendo la tassa di scopo».
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