27 dicembre 2017 – Corriere del Trentino

Piano trilinguismo, avanti con cautela
Mancano i docenti e il Clil non convince

«Adelante, presto, con juicio». Avanti, presto, con prudenza. Forward, quickly, carefully. Vorwärts, schnell, mit verstand. In qualunque lingua comunitaria la si voglia tradurre, la proverbiale frase dei «Promessi sposi» esprime perfettamente il presente (e il futuro) del piano trentino trilingue. Il piano, approvato nel 2014, era ambizioso: creare un contesto scolastico in cui gli alunni fossero progressivamente esposti fin dall’asilo nido a due lingue comunitarie (inglese e tedesco), potenziandone l’insegnamento ricorrendo a diverse metodologie — in particolare il Clil, l’apprendimento integrato di lingua e contenuto tramite l’insegnamento veicolare in lingua straniera di una disciplina non linguistica — e permettendo così agli studenti di raggiungere il livello A1 certificato al termine della scuola primaria, l’A2 al termine della secondaria di primo grado e il B2 al termine della scuola secondaria di secondo grado. Preventivando una spesa di 36 milioni di euro, entro il 2020 le scuole trentine avrebbero dovuto garantire l’apprendimento per vivere in un ambiente trilingue. Avrebbero. Un mese e mezzo fa infatti la giunta provinciale ha dovuto rivedere tempi e modalità con cui portare avanti il progetto, attraverso una delibera che concede alle scuole maggiore autonomia, flessibilità (redistribuzione delle ore in Clil) e gradualità nelle modalità at tuative. La delibera non manca di sottolineare con juicio come il piano trentino trilingue sia «un’azione complessa e di lungo periodo […] che nasce pertanto con la consapevolezza di essere un intervento non definitivo »; non si esclude pertanto che al termine del 2020 il piano «possa essere oggetto di ulteriore revisione», per arrivare a regime nel triennio 2020-2023. Dopotutto si parla di «un’azione fondata sul criterio della progressività in quanto legata a un’importante azione di reclutamento del personale con livelli adeguati di conoscenza delle lingue inglese e tedesca e da una intensa attività di formazione e qualificazione del personale in servizio». Insomma, al di là della presa di coscienza e degli interventi adottati la delibera mette in luce gli aspetti più problematici del piano: la formazione dei docenti e le metodologie didattiche. Aspetti sui quali le sigle sindacali del comparto scuola hanno convenuto, ribadendo comunque l’apprezzamento per gli obiettivi ultimi del progetto: l’importanza dell’acquisizione di solide competenze linguistiche da parte dei giovani non è in discussione. Ciò di cui si discute è la modalità con cui costruire tali competenze e la formazione degli insegnanti incaricati: «Il treno va fermato—commenta Stefania Galli di Cisl scuola — bisogna riorganizzarsi e prendere tempo per formare il personale e incentivare allo stesso tempo nuove modalità alternative al Clil. A oggi non abbia atmo abbastanza docenti adeguatamente formati nei tre aspetti didattici (disciplinare, linguistico, metodologico). Il trilinguismo è un’opportunità che va colta ma certamente ripensata ». Un’opinione comune tra i docenti fin dall’inizio se la Uil scuola già nel 2015 aveva raccolto «ben 2500 firme di insegnanti che chiedevano più flessibilità» informa Pietro Di Fiore: «Da tempo si avvertiva la necessità che il piano trilingue andasse rallentato e snellito, per concedere più flessibilità e pensare a metodologie diverse dal Clil; infatti un errore comune è quello di associare sempre trilinguismo e Clil, come se il Clil fosse la strada unica e maestra per conseguire competenze linguistiche di livello. Eppure —conclude—negli altri Paesi europei la metodologia Clil viene utilizzata poco, se non addirittura per niente. Una proposta alternativa potrebbe essere quella di aumentare le ore di lingua, magari in compresenza con un docente madrelingua e in classi aperte; il rischio col Clil è di produrre danni nell’apprendimento sia della lingua che della disciplina veicolata». Concorde anche Cinzia Mazzacca di Flc Cgil («Si rischia di depotenziare alcune discipline puntando solo sul Clil, ne discutemmo già nel 2014»), che introduce anche un’altra questione: «Nel trilinguismo c’è tanto volontariato: i docenti coinvolti non ottengono riconoscimenti economici né logistici (ore di programmazione) pur avendo tantissimo lavoro in più tra aggiornamento continuo e preparazione dei materiali per le lezioni ». Sulla formazione e la valorizzazione dei docenti impegnati nel piano («Riconoscimento economico già nel contratto») insiste anche Gilda scuola, che solleva ulteriori perplessità: «Con il trilinguismo stiamo andando verso un’altra forma di scuola — spiega Isaia Iorfida—ma dobbiamo stare attenti. Nella scuola primaria ad esempio siamo passati dal maestro comune ad anche cinque insegnanti per classe, creando disorientamento e abbassamento della qualità di apprendimento. Alla fine del percorso i ragazzi usciranno con qualche conoscenza linguistica maggiore ma ci vorranno anni per arrivare ai livelli richiesti; cambiare così radicalmente modello di scuola è difficile». Insomma, con il piano trentino trilingue keep calm and carry on. O, se preferite, adelante, si puedes.

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