30 dicembre 2021 – l’Adige

Stet, Comuni chiamati in causa

PERGINE -Ribattono a muso duro, Giuseppe Di Chiara di Uiltec Uil, Emanuela Briani di Flaei Cisl e Franco Weber di Filctem Cgil, alla presidente di Stet Manuela Seraglio Forti. E lo fanno dicendo che ciò che viene pagato orqa dalla Stet ai propri dipendenti non è altro che quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale elettrico di cui Stet stessa è firmataria. Altro che “privilegi anacronistici” come li ha definiti la manager alla guida della società pubblica che tra due giorni (il 1° gennaio 2022) darà vita ufficialmente ad AmAmbiente, insieme ad Amnu spa.
Sulla vertenza in atto da alcune settimane e relativa al nuovo contratto applicato ai dipendenti che passeranno dall’azienda di servizi elettrici e idrici alla nuova spa dal 1° gennaio, i sindacati insomma non si fermano: contrattaccano pesantemente, anzi, parlando degli aumenti attribuiti al direttore generale Roberto Bortolotti per quanto riguarda la retribuzione fissa (da 48mila euro del 2019 a 56mila euro del 2020) e per la parte variabile legata ai risultati (da 7.200 a 12mila euro nel triennio 2018-2020), cui vanno aggiunti quelli per l’identico incarico in Amnu spa (circa altrettanti); e degli aumenti di compensi alla presidente (per la guida del Cda gli emolumenti totali sono passati dai 34.462 euro del 2013-2015 ai 46mila del 2019-2021).
«All’inizio di gennaio, quando terminerà il periodo di “franchigia” nel servizio pubblico che va dal 20 dicembre al 3 gennaio (ossia quello in cui non si possono programmare proteste come gli scioperi, ndr), se le cose non cambieranno e si proseguirà sulla strada scelta chiederemo l’apertura della trattativa davanti al Commissario del governo. Ricordo che lo stato di agitazione è ancora in corso e che non sono escluse iniziative di protesta e astensione dal lavoro», chiarisce Giuseppe Di Chiara, che rappresenta il sindacato a cui è iscritto circa l’80% dei dipendenti di Stet spa. Ma non sarà solo questa la strada seguita: «Abbiamo intenzione di chiamare in causa direttamente i soci di AmAmbiente», ora soci di Stet e Amnu. Che sono poi 19 Comuni trentini. Chiamare in causa come? «Scrivendo una lettera a tutti i Comuni soci ma chiedendo in particolare un incontro ai due che insieme rappresentano il 92%». E che, essendo enti pubblici, dovrebbero avere come faro sia la buona amministrazione (qualità/prezzo dei servizi), sia il futuro dei lavorator: lo statuto di AmAmbiente prevede che la quota maggioritaria sia del Comune di Pergine (72%) e del Comune di Levico (20%) di Levico, mentre solo il 4% spetta a Caldonazzo.
Pergine, con 3 rappresentanti su 5 nel nuovo Cda, potrà dunque esercitare (come per altro già in Amnu e Stet) un indiscutibile potere di indirizzo. Non a caso, poco tempo fa, i rappresentanti del Patt in consiglio comunale Roberta Bergamo e Stefano Tomaselli hanno chiesto garanzie per il livello salariale e i diritti contrattuali degli attuali dipendenti (118 unità di cui circa 70 legati a Stet Spa e 45 a Amnu Spa), il mantenimento degli stessi “diritti” ai neo assunti e impegnato il sindaco e la giunta comunale «a interloquire con Stet affinché, all’esito della fusione, sia garantita la continuità dei trattamenti economici e dei diritti ad oggi in godimento» ricordando per altro come sia il sindaco Roberto Oss Emer sia la presidente di Stet spa Manuela Seraglio Forti avessero dato ampie garanzie. «La società -era stato detto il 7 luglio all’atto di approvazione in consiglio della fusione -avrà solo prospettive di crescita per il personale, e non vi sarà alcun taglio».

Scarica il pdf: ADIGE Stet ART 301221