Trentino – 30 marzo 2023

Appalti, l’addio alle gare. IL NUOVO CODICE. Perché NO. Stefano Picchetti, sindacalista della Uil del Trentino «In un Paese come l’Italia è istigare alla corruzione»

 

TRENTO. A livello nazionale la risposta del sindacato è stata immediata e chiarissima: sciopero e manifestazione a Roma già dopodomani. Rischiamo, è la contestazione ridotta a slogan, di tornare indietro di 50 anni. Sacrificando in un colpo sia la trasparenza delle assegnazioni che i diritti dei lavoratori.
Stefano Picchetti, della Uil Trentino. Lei, almeno con un primo giudizio a caldo, come vede la “riforma” degli appalti? Sono prima di tutto basito. È vero che se ne parla da mesi, ma non in questi termini. E stiamo parlando di una materia delicatissima. La semplificazione e la sburocratizzazione sono una cosa, l’eliminazione di tutta una serie di garanzie sono tutt’altro. E qua mi sembra che questo si è fatto: si butta completamente all’aria un sistema che ha sicuramente difetti e storture, ma che che non si può semplicemente eliminare.
Insomma, il Governo ci è andato con l’accetta.
Proprio no. Serviva una operazione attenta e ragionata, chirurgica. Puntando sulle nuove tecnologie. Di questo qualcosa c’è, con la digitalizzazione della documentazione delle imprese e questo va benissimo. È far venir meno il concetto stesso di gara che mi sembra semplicemente una follia.
E di gare tradizionali se ne faranno poche.
Quasi nulla. Non riferisco calcoli miei né esami approfonditi, ma chi ha sovrapposto la nuova normativa agli appalti degli ultimi anni dice che il numero di gare sarà ridotto di più del 95%. E questo lascia esterrefatti.
Oggi le gare richiedono però anni. E malgrado tutto, con ricorsi quasi sistematici che poi prolungano i tempi di assegnazione quasi all’infinito. Pensando per esempio al Not, per restare a casa nostra.
Quelle sono storture, abusi. Che era e è giusto cercare di correggere. Ma non facendo venire meno il principio stesso di gara. Non è un capriccio: mettere a confronto proposte diverse,
con certezza di basi comuni in termini di modalità di realizzazione e rispetto delle regole: è l’unico modo trasparente di affidare lo svolgimento di un servizio o la realizzazione di un’opera. È un esercizio di controllo che diventa garanzia. Sia di congruità della spesa, che di correttezza delle scelte. Non dimentichiamo che è di soldi pubblici che stiamo parlando. E di opere che andranno a rispondere a esigenze dei cittadini. E nemmeno che il compito materiale di realizzarle alla fine sarà di lavoratori. I cui diritti, la cui sicurezza e la cui adeguatezza sono pure oggetto di controllo. La gara può essere perfettibile, ma rinunciabile no.
Una pletora di norme, insomma, ma figlie della necessità di difenderci da chi le norme non le rispetta volentieri.
Vale da tutti i punti di vista. Siamo anche uno dei Paesi in cui la corruzione è più forte. Da questo punto di vista questa nuova normativa sembra addirittura istigare alla corruzione. Un dire, fate pure. Fate come vi pare, purché facciate. Abbiamo un problema enorme di spesa pubblica: adesso rinunciamo anche a cercare di garantirci che quei soldi siano spesi nel modo migliore. E che non vadano sprecati in regali, magari interessati.
L’obiettivo, dichiarato, è “fare”. Uno slogan che ha conquistato molti alle ultime elezioni. Fare va bene ma non può essere l’unico criterio. Cosa fai e come lo fai è fondamentale. E spostare i controlli a fasi successive, rischia di creare disastri. Perché se lo scopri dopo, in corso d’opera, che un’azienda non è adeguata, che non ha i mezzi o le capacità per fare quello che si è impegnata a fare, è tardi. Ti trovi con i servizi sospesi o con i cantieri lasciati a metà. O peggio, con l’azienda che deve far tornare i conti a tutti i costi. Tagliando dove può. Alla fine sui lavoratori: in termini di salario, di diritti o di sicurezza. Sono l’anello più debole del sistema, quello che meno può opporsi. Sono veramente preoccupato soprattutto per loro, oltre che per i conti dello Stato.

 

Scarica il pdf: TRENTINO appalti ART 300323