Il T – 10 gennaio 2024

Lavoro e demografia: un equilibrio difficile

di Walter Alotti

I dati diffusi a fine anno da Istat, Ispat e Agenzia del Lavoro di Trento confermano un record
occupazionale e una domanda crescente di manodopera da parte delle aziende. È un dato positivo anche per la Uil, ma riportato da mass media e governo con eccessivo ottimismo, se guardiamo anche alla forte precarizzazione e alle conseguenze della riforma previdenziale e alla questione demografica che riguardano l’attuale mercato del lavoro.
Il tasso di disoccupazione media è ai minimi storici in Trentino, addirittura sotto il 3%, di solito ritenuta una soglia fisiologica, e il tasso di occupazione sfiora il 72%, con la positiva diminuzione fra l’altro dello storico differenziale fra uomini (78%) e donne (65,5%).
Un record, quello occupazionale, che può essere rivendicato, e il governo Meloni lo sta facendo, come conseguenza della nuova situazione politica e delle diverse misure sul lavoro introdotte nell’ultimo anno. In realtà il tasso di occupazione in Italia aumenta sostanzialmente perché la platea dei lavoratori e lavoratrici si è ristretta per l’invecchiamento del Paese e per le nuove norme pensionistiche che obbligano a restare sul posto di lavoro per molti più anni, fino a raggiungere le maggiorate età di pensionabilità o una anzianità contributiva maggiore, la più alta dal dopoguerra ad oggi, per il collocamento in quiescenza per raggiunto requisito contributivo. Significativo il progressivo aumento sia a livello locale che nazionale degli occupati delle fasce d’età degli ultracinquantenni e degli ultrasessantenni, ad un ritmo ben maggiore delle fasce d’età più giovani che scontano un tasso di crescita inferiore, inversamente proporzionale anche rispetto alla formazione superiore acquisita.
A proposito delle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione, l’Ocse prevede che in Italia la popolazione in età da lavoro diminuirà del 35% entro il 2062, col risultato che per rendere sostenibile il sistema previdenziale chi comincia a lavorare da ventenne avrà diritto ad una pensione con un tasso di sostituzione (di differenza cioè con la retribuzione) prodotto dal solo calcolo contributivo, dell’83%, e fra l’altro solo a 71 anni suonati.
L’altra osservazione che emerge dall’analisi dei dati riguarda la qualità e la sicurezza del lavoro di questa maggiore occupazione. Negli ultimi lustri sono aumentati del 30% i contratti a termine rispetto a quelli indeterminati e il tasso di part- time involontario è assai cresciuto, come tutte le forme di contratti precari: stagionali, somministrati, intermittenti, occasionali.
Dalle statistiche risultano in aumento anche le ore e le settimane lavorate, purtroppo un conteggio valido per esprimere sì numeri di occupati e ore lavorate da record, ma assolutamente non indicativo della qualità di quei rapporti di lavoro, visto che possono essere limitati a brevissime durate e ridottissime retribuzioni.
Per far sì che il record dell’occupazione non rimanga un successo di facciata, un traguardo virtuale, è ineludibile un rilancio da parte dei governi, delle agenzie pubbliche per il lavoro e delle parti sociali coinvolte, in primis sindacati e imprese, sia di politiche attive del lavoro più mirate e concrete rispetto all’occupazione giovanile, femminile e degli stranieri, che di investimenti nel sistema scolastico e della formazione professionale e continua, con un’attenzione particolare anche alle politiche retributive e pensionistiche del mondo del lavoro dipendente ed autonomo.

Walter Alotti
Segretario della Uil del Trentino

 

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