Il T – Venerdì 17 Gennaio 2025

Uil, Alotti si dimette. «Ora ricambio»

 

Il segretario: «Sindacato cresciuto, potenziare i servizi». Largher per la successione

ECONOMIA

di Simone Casalini

«È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere. E credo di lasciare un sindacato in salute che si è rafforzato nella struttura e nei servizi, che è avanzato come iscritti. Ma c’è un tempo per tutto, sapere quando fermarsi per promuovere il rinnovamento è una sensibilità che chi ha responsabilità deve possedere e percorrere».

Walter Alotti lascia la guida della Uil del Trentino. Si è dimesso in anticipo rispetto alla scadenza del mandato naturale (settembre 2026), il suo terzo. Un viaggio, quello in plancia al sindacato di via Matteotti, cominciato nel febbraio del 2012 quando aveva ereditato il timone da Ermanno Monari.

La gavetta nelle Poste – per cui è stato dipendente -, poi l’incarico da segretario organizzativo («Uscivo dal lavoro e andavo in sede fino a sera. Oggi è inusuale»). Alotti, estrazione popolare nella Clarina di via Gramsci, linguaggio senza sovrastrutture, inclinazione per la concretezza delle azioni, andrà anche in pensione dal primo febbraio. Giovedì 23 gennaio il Consiglio federale è stato convocato per scegliere il suo sostituto. Il favorito è Walter Largher, ex segretario della UilTucs, che ha già dato la sua disponibilità ad aprire un nuovo ciclo.

Che sindacato lascia, segretario?
«Credibile, presente, laico, in crescita sotto il profilo dei servizi, con 18mila iscritti. Un sindacato che ha sempre cercato di difendere la sua autonomia, rispetto alla politica e anche rispetto alla linea nazionale. Questo vorrei che fosse un elemento di continuità».

Si riferisce anche al tema del rinnovo del contratto del pubblico impiego che ha portato una lacerazione con la Cgil?
«Non è stato semplice firmare in una fase in cui Uil e Cgil sono alleate a livello nazionale. Ma quell’accordo che garantisce un incremento stipendiale del 12% fa l’interesse dei lavoratori e ora viene compreso anche a Roma dove le discussioni sui rinnovi sono alla metà del nostro».

Come sono ora i rapporti?
«Migliori. Siamo tornati a promuovere azioni comuni, a firmare i comunicati insieme. Credo di essermi anche speso per ripristinare la nostra relazione».

Il suo successore erediterà anche la questione di un sindacato unico.
«La mia posizione è sempre stata scettica, non lo considero un valore in sé. Ma è evidente che le nuove generazioni rifletteranno sulle prospettive».

Quali sono le sfide che la Uil ha di fronte?
«Essenzialmente quella di continuare a implementare i servizi, di intercettare sempre meglio i bisogni della società. La struttura complessiva si è espansa e credo che si ponga la necessità di valutare un cambio della nostra sede. La riflessione è già aperta».

Un suo successo?
«La battaglia sui Bim. Ora utilizzano le risorse ingenti che acquisiscono per promuovere politiche sociali e del lavoro».

Una sconfitta?
«Le palafitte di San Bartolomeo a Trento. Dovevano essere realizzati 96 alloggi popolari, poi ridotti alla metà. Ora non si è sicuri nemmeno di avere la progettazione nell’anno. È una sconfitta per la città».

L’edilizia popolare e il diritto alla casa sono sempre stati due argomenti a cui ha dedicato energie. Ma dalla riforma dell’Itea – epoca assessora Dalmaso – ad oggi è il tema ad essere stato stravolto.
«Qualche anno fa era la programmazione dell’edilizia sociale al centro, oggi la questione è attigua al campo del lavoro e anche le imprese hanno colto il nodo. Il turismo è una filiera di valore del territorio, va preservato. Ma non può diventare un limite per i residenti. L’overtourism e l’esplosione del mercato degli affitti brevi non sono fenomeni inventati ma radicati nella realtà».

Un’altra priorità?
«Il governo delle migrazioni. Da un punto di vista demografico, economico e culturale abbiamo bisogno di una differente gestione dei flussi. Un altro tema centrale è la costruzione di lavoro di qualità. Verso l’industria sono stati commessi errori di analisi, mentre nel turismo, nell’agricoltura e nei trasporti, penso a chi consegna i pacchi, abbiamo coltivato lavori poveri».

Un’occasione persa?
«Il movimento ecologista dei Fridays che ora sembra essere evaporato. Avremmo dovuto sostenerlo di più, ma abbiamo pagato le nostre contraddizioni: la difesa di situazioni di lavoro che contrastano con l’evoluzione climatica e ambientale».

Che fase sta attraversando il Trentino?
«Mi preoccupa la mancata sperimentazione, essere rifluiti in una sorta di omologazione. Dalle politiche del lavoro alla scuola e la sanità, siamo fermi nei modelli».

Il sindacato non ha colpe?
«Certamente, la forza propulsiva non è quella di altre epoche storiche. Abbiamo paradossalmente professionalità importanti, manca la spinta ad innovare».

Il sindacato ha futuro in un mondo dove la rappresentanza è in crisi ovunque?
«Credo di sì, lo misuriamo tutti i giorni nella domanda sociale. Forse il passaggio più delicato è la sintonia tra le politiche confederali e quelle di categoria. Le convergenze non sono semplici».

Lei ha vissuto il rapporto con tre governatori. Partiamo da Dellai.
«Visionario, con grandi intuizioni. Ma la relazione funzionava solo se eri d’accordo lui».

Rossi?
«Molto determinato, lasciava poco spazio al dialogo».

Fugatti?
«Forse il più accessibile e il più sfuggente. Va detto che ha dovuto costruirsi una classe dirigente, politica e amministrativa».

Una persona con cui ha avuto un rapporto di particolare sintonia?
«Paolo Nicoletti (ex dirigente generale della Provincia, ndr) e Lorenzo Pomini (ex segretario della Cisl, ndr)».

Cosa farà adesso?
«Rimarrò nella Uil come volontario, vorrei offrire un contributo sul consumo e l’ambiente. Poi proseguirà il mio impegno da presidente di Sanifonds, il diritto alla salute sarà una tematica cruciale nei prossimi anni. Infine, avrò più tempo per i trekking, per viaggiare e per prendermi cura di mia madre».

 

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