Trentino – 25 marzo 2023

Una nuova politica dei redditi in Trentino

I dati presentati nei giorni scorsi al Convegno di Cgil Cisl e Uil “La questione salariale in Trentino”sono chiari. Sia quelli della Ricerca commissionata al Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, che ha utilizzato la banca dati INPS, ma anche quelli che possiamo desumere dai Rapporti sull’Occupazione degli ultimi anni dell’Osservatorio del mercato del Lavoro dell’Agenzia del Lavoro di Trento e dal Rapporto Finale degli Stati Generali del Lavoro dell’Assessorato al Lavoro di Trento, pubblicato nei mesi scorsi. Già dagli anni precedenti la pandemia, il Trentino ha continuato a registrare una dinamica delle retribuzioni del tutto insoddisfacente visto che nella maggioranza dei settori i redditi da lavoro medi sono risultati inferiori (finoa700euroalmese),anche al netto delle giornate lavorate, sia rispetto all’Alto Adige che al Nordest allineandosi per certi settori addirittura poco sotto la media italiana. È evidente che lo stesso equilibrio finanziario dell’Autonomia non può reggere a lungo sotto la pressione di una dinamica dei redditi così limitata, che riduce il gettito fiscale ( teniamo conto che oltre l’85%del gettito Irpef rinviene dalle retribuzioni dei lavoratori dipendenti) mentre l’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità incrementa la domanda di servizi di welfare.
Un quadro è reso ancora più problematico dalla dimensione ridotta degli investimenti privati delle imprese trentine. Anche osservando i dati Istat sui conti economici territoriali si evidenzia un divario insostenibile, in tutti i comparti economici, le aziende in Trentino investono molto meno dei cugini sudtirolesi. Solo nel manifatturiero si registra un 5% di investimenti in più a Trento rispetto a Bolzano. Bisogna quindi che le imprese tornino a investire: la stagnante produttività del lavoro in Trentino è responsabilità in primis delle aziende. La stessa Banca d’Italia nei propri Rapporti regionali annuali, fino a quello che registrava un cambio di rotta del 2021, evidenziava il mancato trasferimento agli investimenti, nelle proprie imprese, dei profitti scaturenti dalle attività imprenditoriali e la giacenza di rilevanti risorse nel settore della rendita finanziaria. Bassi redditi, bassi investimenti, bassa produttività. Il nostro territorio rischia di avvitarsi in un progressivo declino e in un processo di impoverimento generale. Lo sbalzo dell’inflazione tra 2021 e 2023 l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie è prevista nell’ordine del 15% in Trentino alimenta questo fenomeno e si scarica sui lavoratori e sulle loro famiglie mettendo in discussione la stessa coesione sociale ed un futuro di sviluppo e benessere della nostra comunità.
E fenomeni come il crollo della natalità, l’emigrazione di sempre più giovani laureati, la permanenza di un gap retributivo e contributivo per le donne e la sempre più scarsa attrattività di manodopera straniera sembrano testimoniare proprio questo. Serve quindi riesumare una nuova politica dei redditi in Provincia di Trento, senza dover aspettare gli effetti della riforma fiscale che, comunque cambierà di poco il rapporto del Trentino con Alto Adige e il Nordest, tanto più se questa “ annunciata rivoluzione” comporterà una riduzione delle detrazioni di cui godono milioni di lavoratori e lavoratrici. Contribuenti che assieme ai pensionati, come già detto, realizzano l’85% degli introiti IRPEF anche in Trentino.
Le strade proposte dal sindacato e sono quindi almeno tre:
-rendere più stabile l’occupazione dei giovani anche per far ripartire la natalità, puntando sul sistema dell’apprendistato duale, eliminando tirocini inutili e incentivando il lavoro a tempo indeterminato;
-sostenere la contrattazione di primo e secondo livello pubblica e privata, rinnovando per esempio i contratti del pubblico impiego provinciali ( non si parla ancora di rinnovi dei contratti 2022-2024 e degli integrativi di altri settori economici territoriali, mentre nell’artigianato e nel terziario solo il mese scorso si è andati finalmente a rinnovare il contratto integrativo metalmeccanico e quello del turismo, fermi da vent’anni. Lo strumento del contratto integrativo territoriale, è anche uno dei pochi che permette di difendere le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori dagli squilibri che non vengono riconosciuti dal contratti nazionali, rispetto al diverso costo della vita delle diverse realtà nazionale;
-vanno indicizzati all’effettivo costo della vita tutti i parametri del welfare provinciale e ripristinate, magari pure ampliate, portandole alle misure previste in Alto Adige le forme di riduzione dell’addizionale regionale all’Irpef, sempre che questa modalità di imposizione fiscale rimanga in essere o non sia eliminata come sembra emergere dall’annunciata riforma fiscale del Governo Meloni. Va quindi affrontata anche a livello provinciale una “questione casa” e considerato il costo dell’abitare che incide pesantemente sia sulle retribuzioni che sull’attrattività del lavoro in Provincia.
Vanno infine ammodernate anche le politiche industriali provinciali. Servono incentivi davvero selettivi sia sul fronte degli sgravi Irap, finché questa imposizione permarrà, sia su quello dei contributi agli investimenti fissi. Come già detto e comprovato da Banca d’Italia e Istat le aziende trentine, con qualche significativa eccezione in manifattura, in agroalimentare e nei servizi alle aziende, investono cifre minime su innovazione e ricerca, col rischio di perdere competitività. Quindi le politiche industriali devono continuare a essere concertate e per questo il sindacato confederale trentino manifesterà mercoledì 29 riguardo alla riforma della legge 6 sui contributi alle aziende trentine, che non impone il rispetto dei contratti collettivi a tutte le imprese che ricevono sussidi, ma solo alle poche che poi vi accedono.
Per raggiungere questi obiettivi serve dotarsi di più tempestivi e puntuali meccanismi di analisi dei dati su occupazione ed economia. Su questo fronte l’Inps può essere un partner strategico per misurare gli andamenti dei redditi da lavoro e tanto altro. Serve poi l’impegno dell’Università, della Camera di Commercio e degli altri istituti di ricerca. Ecco, l’Osservatorio sulla produttività e competitività varato nei giorni scorsi in Trentino può completare e coordinare la serie di organismi utili a misurare lo stato delle retribuzioni e della produttività nella nostra provincia e paragonarla a quelle dei territori limitrofi, nazionali ed europei.

Walter Alotti
(Segretario Generale UIL del Trentino)

 

Scarica il pdf: TRENTINO redditi ART 250323